favola calda

La cara casa, dolce, dolcissima. Mi fa piacere, vederti nel tuo corpo di sposa, ora che tu sola puoi darti la ragione sociale di moglie, e un compito, un ruolo attorno al focolare. La casa, tu dicevi, la bella casa, la dolcissima: dove altrimenti accumulare quel patrimonio affettivo e familiare che negli anni di matrimonio si accumula? Patrimonio è il maschile di matrimonio, ci avevi mai pensato? Ma no, non fare brutti pensieri ora, non è importante l'etimo, ma la sostanza, quella che tu sei certa di ottenere negli oggetti. La cura dei dettagli. I cessi, almeno due. Un armadio, ampio, profondo, meglio se una stanza intera, attigua alla camera da letto; un letto poi, ovvio. Grande, ampio, ma non massiccio, di quelli moderni, con una spalliera non troppo imponente, e la scelta dei materiali: lattice o che altro? Il giardino poi meglio non buttarlo via. Un pezzo di terra in onore degli avi, un terriccio ribaltato dagli scavi su cui piantare un po' d'erba, e pazienza se sotto, ma sotto almeno quattro o cinque metri, c'è una lastra di cemento. Basta che si riesca a scavare per i canali d'irrigazione. Poi servirebbe un poco di tempo per comporre dei decori, tipo qualche fiore di campo, qualche ornamento, pizzi e merletti per far capire che qui finalmente c'è una donna. La via era detta Balilla ai tempi del fascio. Ora è una più placida via Marconi. Sai chi me l'ha detto? Mia nonna, una delle ultime a saperlo. Mi ha detto anche che si ricorda di casa tua, quella nella rientranza del muro, con quella bella porticina blindata che un tempo non c'era. Mi ha detto che la gente lì ci andava a pisciare, e se devo essere onesto sono vecchio abbastanza per ricordarmelo a mia volta.

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