la scelta etica dell'aperitivo



Prima di tutto bisognerebbe capire che cos’è la libertà, se mai fosse possibile darne una definizione unica e definitiva. Poi bisognerebbe capire cosa significa per ciascuno, ma prima ancora bisognerebbe capire se tutti quelli che ne parlano ne abbiano anche una minima nozione, una minima prospettiva morale e storica. Alla fine potremmo forse riuscire a dire qualcosa di sostanziale sul concetto di libertà a un anno e passa dall’inizio della pandemia. Sicuramente non affidandoci ai titoli dei giornali né credendo più di tanto ai podcast di esperti e tuttologi vari. Sicuramente non credendo alla schiera di giovani e meno giovani che si ammassano in discoteca esultando per il “ritorno alla normalità dopo la libertà che ci è stata tolta”. Quella non è libertà. Non c’è niente di romantico nel tornare alla confusione nobilitandola con il termine libertà. Non è libertà nemmeno la vacanza fuori porta, né l’aperitivo. La sensazione è che siamo di fronte ad un’altra occasione persa. I disastri portati dalla pandemia in termini di perdite umane e conseguenze di ogni genere non ha portato ad una crescita collettiva: generalmente siamo gli stessi di sempre, accampati fuori da un Apple Store per l’ultimo I-phone o sballati ad una festa di laurea. Gli stessi di sempre che fanno il mutuo per comprare macchine che non si possono permettere e come massima ambizione hanno la vacanza in spiaggia. Legittimo, per carità. Non generalizziamo, non sia mai. Non giudichiamo, men che meno. Ma prendiamo nota del fatto che la tempesta ci è passata sopra senza spostare di un millimetro la sostanza di cui eravamo tutti soliti lamentarci. 

La massa impazzita aveva solo voglia di tornare a fare quello che faceva prima, consumando a più non posso, annullandosi a più non posso nei riti collettivi, per di più sfoderando l’alibi nobile del rilancio dell’economia e - appunto - del riappropriarsi della libertà sottratta (ma da chi?). I giornali non hanno fatto che pompare a più non posso la retorica squallida della guerra e dei guerrieri, ma la verità è che non c’è stata nessuna guerra e gli eroi sono stati pochissimi. Di sicuro chi oggi reclama il diritto all’aperitivo e alle vacanze non è un reduce delle Termopili, ma un consumatore come tanti che non ha trovato alternative credibili alla vita che faceva prima. 

Al di là degli hashtag e delle feste sui balconi - ormai remota memoria da primo lockdown - non c’è stata nessuna svolta spirituale né tantomeno, come va di moda dire, “etica”. C’è stata, questo sì, l’affermazione inquietante di un modello comunicativo sempre più retorico e auto assolutorio, fatto di perbenismo di facciata e di passioni alla moda, dove la pacificazione forzata in nome di nuovi valori fantasma (il così detto politicamente corretto che ormai dilaga in ogni direzione) sta creando forme sempre nuove di qualunquismo intellettuale: prova ne sono il ruolo degli influencer e della stampa perbenista, assurti ormai al rango di paradigmi di riferimento culturale per generazioni giovani e meno giovani. 

Poi ci si riempie in continuazione la bocca con la parola “cultura”, ma cultura di cosa? Non ho sentito una parola, un concetto che indicasse una nuova direzione delle cose, una cultura della crisi che ripartisse con i mezzi del contemporaneo per costruire un alfabeto che finalmente faccia dell’avanguardia. E invece mi ritrovo Orietta Berti in cima alla hit parade in compagnia di degni esponenti del vuoto attuale: il trionfo del post postmoderno. Ma questa è un’altra storia, mi viene da dire. 

A un anno e quattro mesi dall’inizio di questo strano percorso l’oggetto di studio che emerge con più violenza è un concetto sempre più vago di etica, una specie di scatolone che mette insieme tutto e tutti con picchi di moralismo talvolta grotteschi, e la solita corsa all’ombrellone estivo, ultimo baluardo delle risorse umane ed affettive, ultimo ridotto di speranze e glorie. Non è cambiato niente: è l’Italia degli anni Sessanta, ma almeno all’epoca non si aveva la pretesa di definire l’Aperol un diritto e non c’erano social dove postare il panino con la frittata.