il lungo abbandono di Guido Morselli

La parabola di uno scrittore ampiamente incompreso, sottovalutato. La storia di un uomo abbandonato dagli affetti che alla fine ha optato per la scelta più tragica, quella del togliersi la vita, un giorno d'estate del 1973. Libri scritti e puntualmente rifiutati da tutte le case editrici: romanzi e saggi pervasi da una preparazione culturale molto alta, di livello sicuramente superiore alla media. Sono tra i pochi ad aver letto Diario di Morselli, sorta di giornale di bordo della sua deriva: breviario lucido e sofferto dei suoi travagli intellettuali, delle letture, delle scoperte. Facile capire di non trovarsi di fronte ad un uomo banale, ma anche ad uno scrittore che progressivamente sta tagliando i ponti con la vita, con quella gente che lo ha sempre trattato con sospetto e diffidenza. Si ritira nella campagna di Varese, arretra il baricentro, si rifugia nella letteratura, che però, come osserverà anche P.V. Tondelli in punto di morte, "non salva, mai." Restano le sue opere: numerose, belle, profonde. Rimane la sensazione di trovarsi di fronte ad un percorso incompiuto, che forse però ha modo di trovare la sua finitudine e completezza nell'abbraccio dei lettori postumi, che saranno tanti. In Diario non c'è traccia di compatimento, né di lamentazioni: è il lucido carnet di un intellettuale attento e preparato, che annota paziente le linee tematiche delle sue opere a venire. Le sue ossessioni troveranno spazio soprattutto nella sua opera, specie in quel cupo diamante che è Dissipatio H.g., opera ultima e definitiva dove tutti i tasselli troveranno la loro drammatica collocazione. E' un nome che per fortuna si sta riscoprendo, quello di Morselli, ad opera dell'editore Adelphi, proprio quello che tanti anni fa gli disse no. Casi della vita.

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