segni e descrizioni

La natura di un testo letterario rappresenta sempre un percorso dell'immaginario, e come tale una distorsione della realtà in chiave però probabilistica, sia essa di natura cronachistica, sia essa di stampo fantastico. La critica perciò ha tutto il diritto (e il dovere) di procedere alla comprensione di un testo utilizzando tutti gli strumenti di cui dispone, tutte le alchimie e le formule che conosce per arrivare all'essenza di un testo. Qui si arriva alla vexata quaestio della critica letteraria: quali sono le metodologie? Stringendo e sintetizzando potremmo dire che le due grandi famiglie critiche sono quella militante e quella strutturalista (qualcuno utilizza il termine "semiotica" come sinonimo, dico più per completezza che per convinzione), la prima maggiormente legata all'interpretazione culturale, storica e per così dire discorsiva dell'opera, la seconda a moduli interpretativi in qualche modo matematizzati, per l'appunto strutturali, basati su dei forti tratti teorici e speculativi. La critica militante non ha scuola: si è formata sulle riviste, sui giornali, sulla libera interpretazione e sulla sensibilità di chi scrive, mentre lo strutturalismo discende dalla tradizione positivista, che ha tentato di inserire il discorso linguistico in una prospettiva scientifica, o, potremmo dire, scientista. Di norma questa seconda scuola di pensiero (dico proprio scuola, con buona pace dell'amico Esposito) non ha mai mostrato grande stima nei confronti della critica militante, che pure ha prodotto alcune delle migliori menti letterarie del novecento italiano, come Pietro Citati e Cesare Garboli. Dire che cosa sia meglio, come qualche genio di autonomina ha fatto, appare pretestuoso, per non dire inutile. La complessità di un testo abbraccia un universo che è si di segni, ma anche di pensieri, di fatti storici, di influenze, e, perché no, di intuizioni. L'armamentario teorico è senza dubbio importante e fondante della professione, ma dire che chi non si attiene ai dettami di Luckacs o Bachtin è poco meno di un ciarlatano è semplicemente un falso. Si può tornare all'esempio di Citati che ha messo Kafka a nudo con un'indagine squisitamente letteraria, oppure menzionare la straordinaria opera critica di Baudelaire. Gli esempi si sprecano. Il piacere di leggere e di capire un autore a prescindere dalla sua misurazione teorica è forse la prima missione della letteratura; il fatto che la fruizione di un'opera possa passare attraverso la sua esegesi piuttosto che la sua dissezione chirurgica non è uno scandalo, specie quando tale operazione chirurgica lascia spazio a più di una ambiguità ideologica. Si tratta di vedere attraverso quale parete un lettore preferisca affrontare la scalata.

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