a scuola dall'incauto

Leggo nella rubrica delle lettere di Repubblica la proposta di un incauto signore che sentenzia: che si studiano a fare il greco e il latino al liceo classico? Perché non insegnare materie come "Comunicazione audio - visuale", "Comunicazione di massa", "elementi di sociologia", "comunicazione pubblicitaria"? E via discorrendo in un crescendo di materie più o meno inventate e più o meno pazzesche. La risposta che vorrei dare a questo incauto signore è che il greco e il latino non sono solo due lingue, ma sono, come avrebbe detto Foucault, l'archeologia semantica della nostra Storia. Il greco e il latino sono la nostra memoria, il nostro codice culturale, la barriera psicologica che ci separa dal baratro della barbarie tecnocratica. Sono materie eterne perché sono materie che educano a valori universali, caro signore. La sua comunicazione audio visuale, che detto tra parentesi chissà che cazzo è, ha il fiato corto, molto corto, non supererà un decennio, forse nemmeno un lustro. Ma dal tono della sua lettera si capisce che la sua non è una boutade, ma una proposta, ahinoi, con pretese di serietà. La lettera prosegue dicendo che con l'apporto delle suddette, comiche materie i ragazzi dovrebbero "essere più consapevoli del mondo in cui si troveranno ad operare". Grazie allo studio delle tecniche pubblicitarie? Io non credo che questa persona conosca il greco, e se lo conoscesse di sicuro non avrebbe capito una cicca. Se abdichiamo al valore culturale in sé e per sé, se rinunciamo alla fatica di costruirci un bagaglio di saperi universali, che siano un investimento a lungo termine per noi stessi, allora avremo davvero perso. Se di signori del genere, con idee così sciatte e confuse ce ne sono tanti, allora la tecnocrazia avrà partita facile, ridurrà quel poco di libertà che abbiamo ad un esercizio di mera computazione. Aboliamo del tutto lo studio della linguistica allora, togliamo dignità a tutto ciò che ha più di cinque anni di vita. Rinunciare al greco e al latino significa rinunciare alla sapienza di maestri del calibro di Platone, Aristotele, Cicerone, Lucrezio e via dicendo. Veri maestri, altro che tecniche pubblicitarie. Le parole hanno un peso, e molta gente, con tutta evidenza, non sa come usarle.

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