modesta proposta di sopravvivenza

Non penso che la scuola faccia bene alla letteratura, non questo tipo di scuola perlomeno. La letteratura comincia da una passione, si snoda attraverso l'applicazione e si concretizza nella possibilità di modellarla, di rielaborarla in modo creativo. La scuola non insegna la libertà suprema che la letteratura rappresenta. Basta vedere quale sia il concetto che la gente comune ha delle lettere: un'idea quantitativa. Pagine da imparare, memoria, quantità di libri, schematismi: questo è quello che rimane, insieme ad un senso d'odio che non permetterà mai, e non senza motivo, di coltivare la materia. Sono utopico, ma pazienza: anche la stessa valutazione è uno strumento inadeguato, la figura del professore così com'è è inadeguata. Servono maestri che accompagnino in un viaggio di scoperta, non buffoneschi controllori che si occupano più di medie aritmetiche e di corsi di recupero che dell'essenza della materia. Il povero Manzoni, tanto per dirne uno, è odiato per via del cattivo servizio che gli ha prestato la scuola di massa; ma si potrebbe dire lo stesso anche per Foscolo, d'Annunzio (non parliamone) e per molti altri. Anche la tragica riforma che sta andando in porto in queste ore non ha tenuto minimamente conto dell'aspetto formativo e culturale che l'istituzione scolastica dovrebbe rivestire, limitandosi a giocherellare con i bilanci e con i nomi, e tutto per tagliare sui fondi. L'ennesima motivazione strettamente economica insomma. Ecco perché l'approccio alla materia, ormai, dev'essere di carattere privato, individuale: se non si ha la fortuna di avere un Virgilio ci si deve assumere anche il ruolo di guida. Si può fare, con costanza, con impegno, ma si può tranquillamente fare. E ridere di ogni tentativo di limitazione, di giudizio e di valutazione che qualche parruccone tenta di fare, perché siamo i padroni assoluti del nostro mondo mentale. E' il vecchio trucco di Truffaut (un grande cultore letterario tra l'altro): di' di sì a tutti, e poi fai come ti pare.

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