il presidentissimo

In tutta onestà non riesco a capire l'entusiasmo per la proposta dell'elezione diretta del Capo dello Stato, modifica costituzionale che renderebbe l'Italia una Repubblica presidenziale. Non lo capisco prima di tutto perché non condivido l'idea de "l'uomo solo al comando" che fa e disfa come gli pare con minori controlli e minori garanzie parlamentari. Dicono della sveltezza dei procedimenti, della maggiore velocità con cui un presidentissimo potrebbe prendere le decisioni, evitando il più possibile il dibattito e la mediazione, ma, appunto per questo, credo poco nella bontà del progetto. L'Italia ne ha già avuto uno di presidentissimo, aveva un titolo mutuato dal latino ed ha portato la nazione nel baratro della storia e nell'infamia del razzismo ideologico. Questo per dire che la costituzione è così com'è non per alimentare le pastoie burocratiche, ma per garantire il bilanciamento tra i poteri. Come ho sentito dire da un giurista di cui purtroppo non ricordo il nome: la costituzione è scritta da un popolo sobrio in vista di quando sarà ubriaco. Ma soprattutto non mi fido di chi propone la riforma della costituzione: ossia un ricchissimo signore che non chiede di meglio che devastare i delicati paletti che finora ci hanno risparmiato bagni di sangue, guerre civili e colpi di Stato in nome della sua smodata smania di potere. E' drammatico il bisogno di questo paese di invocare l'uomo forte, l'uomo che sollevi dal pensare, che sollevi dalla responsabilità di essere liberi e che si addossi ogni decisione. Mi sono fatto l'idea che la democrazia sia un continuo work in progress, che non sia un diritto acquisito, e che vada conquistata giorno per giorno, migliorata laddove è possibile, ma soprattutto protetta, protetta anche da noi stessi, dai nostri umori ondivaghi, dalla nostra voglia bestiale di acclamare chi si affaccia dal un balcone magari per mandarci al massacro. Nessuno ha detto che sia facile. Nessuno ha detto che sia gratis.

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