de gustibus

Tra la caterva di scartafacci che mi giungono via posta e via mail, se ne distingue chiaramente un gruppo, una falange compatta che evoca la stessa facoltà sensoriale: il gusto. E allora: gustatevi questo, gustatevi quello. C'è più gusto, l'equilibrio giusto tra nutrimento e gusto, vuoi mettere il gusto? Un gusto esclusivo (che poi chissà che vuol dire), un gusto raffinato, ma non solo: perché limitarsi alla culinaria? Gustatevi anche una sosta, un momento, un attimo, una cucina, un soggiorno, un divano, una vacanza. Problemi intestinali? Gustatevi anche quelli tramite uno yogurt lassativo. In una ipotetica classifica degli organi di senso, le papille gustative sarebbero agevolmente al primo posto. La vista è già caduta un po' in disuso, a causa di un'inflazione che non sembra conoscere confini. Il tatto sembra rivivere una seconda giovinezza grazie alle apparecchiature touch: spodestato della sua funzione sessuale, assorbita dalla vista, si deve accontentare di surrogati digitali, lavagnette hi - tech che lo coinvolgono in una nuova e inedita funzione di supporto. L'udito è tenuto a bada dalle spire dell'I Pod: gabbia sonora efficiente quanto basta per tenerci isolati dal casino acustico delle nostre città. Dell'olfatto, meglio non parlarne. Tra polveri più o meno sottili, smog (si dice ancora?), miasmi da pattume e via discorrendo c'è poco da salvare; meglio che fratello olfatto si rassegni ad una onorata pensione, inframezzata qua e là da qualche gita in profumeria alla ricerca di essenze da cesso o di deodoranti per l'ambiente. Il gusto è l'unico senso che non solo regge bene, ma che sta anche allargando la propria quota di mercato, conducendo una battaglia eroica a colpi di sinestesie e slogan, con in più quel vago sentore di peccato che non guasta. La gola resta pur sempre un peccato capitale, forse il vero peccato degli anni zero, dopo l'abbuffata di sesso e il fisiologico decadimento degli altri precetti (che è l'accidia?), è il gusto che regge il vessillo dei peccaminosi. La vera Sodoma contemporanea folleggia all'ombra di festosi autogrill, di burrose merendine, di gaudenti surgelati.

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