alma mater

Cercheranno in ogni modo di vendercela come una bella cosa, ma a me le foto della mamma europarlamentare che vota con la figlia neonata fasciata al petto mettono un po' di angoscia. Nel mio piccolo mondo retrogrado e maschilista il tentativo di far passare il messaggio "lavora con il figlio al seno" spaventa, e non mi pare un grosso passo avanti, ma l'aria che tira è questa: produci, e negli scampoli di tempo, se ci riesci, fatti una famiglia, se proprio sei bravo educa i figli. Ma sì, lo so che ormai è un mondo di mamme in carriera, così brave, così televisive, così audaci nel far tornare tutti i conti, ma, in fondo, sono triste lo stesso, non riesco a farmene una ragione. La vista di un neonato tenuto a forza nell'Europarlamento a mo' di slogan pubblicitario non è un fatto poi così edificante: specie alla luce delle possibilità economiche della madre, che preferisce con tutta evidenza l'esibizione alla discrezione, un po' come quelle dive imbellettate che mostrano il pancione sulle riviste patinate. Quelle foto sono la propaganda di un modo di intendere la maternità non più in chiave esclusiva, come dire: non smettere di produrre, non rinunciare alla carriera. La maternità è un inciampo, cerca di non farti fregare troppo. In un regime tecnocratico questo è ancora il meno: il bello deve ancora venire. Qualche anno fa gridavamo allo scandalo per una pubblicità che presentava una donna manager che allattava il pargolo durante un consiglio di amministrazione. Oggi no. Ma non diciamo che è caduto un tabù per favore. A crollare è solo la nostra soglia del pudore, che per una manciata di soldi, per uno scatto di carriera, per la logica del mercato, è disposta ormai a giustificare tutto. E poi dicono dei valori immutabili, e poi parlano di dignità, quando anche il solo fatto di mettere al mondo una creatura e crescerla è un lusso, un di più che possiamo ottenere solo grazie a compromessi.

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