skulls and bones

Non è una notizia importante e nemmeno tanto curiosa. In Germania non ho capito bene chi ha proposto un calendario di pin up passate ai raggi X. Niente glutei, niente tette. Uno scheletro in posa ridicolmente ammiccante, a gambe incrociate, spalancate, a busto proteso, a schiena inarcata. Con le zeppe ai piedi oltretutto. Nessuna personalità, nessun colore, nessuna espressione vera o finta. Solo un'aura appena percepibile che contorna le ossa, da cui si intuiscono i tenui profili della carne. E' un'operazione commerciale un po' macabra, volutamente shoccante. La bellezza da velina sostituita dalla sua spoliazione, o forse sarebbe meglio dire dalla sua consunzione: il mito d'oggi, quello della bellezza patinata, prosciugato da ogni apparenza e restituito alla sua vera natura. Un mare di nulla. Non credo che dietro questa trovata ci sia chissà quale riflessione sul tempo che passa, sul memento mori o sul memento te pulverem esse. Ma alla fine tutto va a parare in quella direzione. E poco importa se per arrivare alla conclusione che lo sfruttamento della bellezza non è altro che un mercato del niente dobbiamo passare attraverso le sfumature del macabro e del grottesco: sempre lì si arriva. Al San Gerolamo di Caravaggio, che scrive con il teschio sul tavolo, piuttosto che ai dubbi del povero Amleto. Attraverso quei corpi vediamo noi stessi, la nostra superficie continuamente violata dalla pubblicità, che impone un modello univoco che alla fine sottende sempre quelle ossa, quelle cartilagini, quell'ammasso liquido che ci condanna ad una permanenza limitata, imperfetta e tuttavia da accettare. Con o senza lifting.

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