Barnum triste

In questi giorni è sotto gli occhi di tutti la drammatica, ma forse poco notata, frattura che sta vivendo l'informazione italiana: da un lato la morbosità della cronaca nera, tremendo veleno da spargere sulle menti del pubblico, e dall'altro il giornalismo d'inchiesta di Report o di Presa diretta. A tornare alla mente è sempre la solita e ormai bollita questione: sono gli italiani che desiderano essere inondati dall'acqua sporca della cronaca nera (oltre sessanta ore di trasmissione sulla triste vicenda di Avetrana) o sono piuttosto i palinsesti televisivi a infondere dosi micidiali di sangue e sesso nelle molli arterie dell'opinione pubblica? Argomento dibattuto, con più o meno successo, ormai da molto tempo: più o meno da quando la febbre reality ha contagiato la generalità dell'informazione televisiva, generando un cortocircuito che ormai impedisce di capire dove finisca un genere e dove ne cominci un altro. La cronaca nera miscelata ai toni e al clima da reality show è proprio questo ormai: un genere narrativo. Scadente, va da sé; una narrazione di fatti e luoghi reali che diventano trame di una fiction, con telecamere sempre presenti, parole a vuoto, giudizi un tanto al chilo da parte di emeriti sconosciuti. Protagonisti i coinvolti nelle vicende, ma anche tutta quella pletora di giornalisti televisivi che campano su questa inflazione e che, spogli di ogni pudore, difendono la loro indifendibile attività, abusando della libertà di cronaca e del diritto di dire un'opinione. Il genere d'appendice, a cui idealmente appartiene la nera, scivola nel cabaret puro, quando a dire la propria ci si mettono anche psicologi da talk show e opinionisti dell'ultim'ora. E' uno sconfinato Barnum, e per di più mellifluo, moralista, sorprendentemente sgradevole, sia nei modi che nella patina paternalistica con cui tratta le lacrime e gli analfabetismi dei poveracci che ingloba nel suo spettacolo. E il giornalismo, quello d'inchiesta, quello vero, finisce ai margini, tra una minaccia di querela e l'altra, prigioniero di un pregiudizio idiota e ignorante che premia sempre il peggio, che a sua volta quasi sempre coincide con ciò che si vende meglio. La tentazione è ascrivere la principale responsabilità di questo decadimento allo sdoganamento della "pancia", organo di senso che ormai ha soppiantato il cervello in molte delle manifestazioni della massa. Che a forza di "essere se stessa" prima o poi sarà costretta a vedersi nello specchio per scoprirsi obesa e cinicamente superficiale.

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