per una cultura depurata (e minerale)


Polemica in Germania per Kulturinfarkt, saggio contro la statalizzazione della cultura: idee avverse ai numerosi premi letterari, alle sovvenzioni a pioggia, agli ingressi gratuiti ai musei, al numero spropositato di compagnie musicali e via discorrendo. I risultati? Mica tanto buoni. Aumentano gli scrittori e diminuiscono i lettori, per esempio; aumenta la proposta musicale e decrementa la gente che la ascolta. Sono cifre impietose quelle che emergono dal rapporto. Lo Stato è dappertutto, e con esiti penosi, perché i finanziamenti, in quanto espressione muta e cieca, vanno a chiunque nello stesso modo, producendo un sottobosco di "artisti di Stato", mediocri mantenuti. La testi del saggio non è poi così originale, si dice e si ripete spesso che l'arte viene dalla fame, e che le regole di mercato siano chiare: vive chi se lo può permettere, chi fa e riesce a vendere. Anch'io ho avuto la tentazione di dare ragione al rapporto: chi non lo farebbe? Ed è vero che Rimbaud e Modigliani sono stati in cattive acque per tutta la vita, e che forse sono stati dei grandi proprio perché stimolati dall'indigenza. Ma a rifletterci un poco si capisce che non è così semplice la questione. Dividere, setacciare, provare a capire sono operazioni complicate, molto più difficili da fare che non un bel taglio lineare in conformità con i pruriti dei tecnici, che di arte e cultura ne sanno un tubo. Per esempio: i musei gratis per gli under 26 ben vengano, anche se poi gli stessi giovani sono disposti a spendere per il concertone di qualche popstar. Ma ben vengano comunque: l'approccio culturale è qualcosa che richiede tempo e un minimo di sforzo. L'interesse dello Stato per tutte quelle attività che altrimenti il mercato dimenticherebbe è sacrosanto, giusto, e mi dispiace che Francesco Merlo di Repubblica non la pensi così: perché un conto è la degenerazione che porta ad avere più fotografi che agricoltori, e un conto è permettere che sia la legge di mercato a far sopravvivere il cantante alla moda e faccia morire il musicista colto che ha poco pubblico e poco appeal sulle adolescenti. Del resto anche Van Gogh è stato mantenuto tutta la vita dal fratello Theo. Andiamoci piano con i colpi di falce, specie in questo paese, dove il patrimonio culturale è svilito, disprezzato, buttato al macero, e i finanziamenti di Stato seguono la logica della clientela e della compravendita elettorale. In sintesi: se vogliamo azzerare tutto, che sia davvero tutto, e non solo i soliti noti. Azzeriamo anche i finanziamenti alla stampa, tanto per cominciare, così vediamo se la vis guerresca dei giornalisti in pancia e babbucce resta uguale; togliamo ossigeno alle varie sagre e fiere del fico secco patrocinate dalle alte istituzioni; depuriamo la Rai dal mignottume e dalla fuffa che la ammorbano. Assumiamo per concorso, una volta tanto, e con un concorso serio, per piacere, non con la raccomandazione del papà. Una volta creato lo Stato modello, allora potremo anche pensare di togliere qualsiasi paracadute alla cultura di nicchia, potremo far pagare i musei ai giovani (cosa che in Italia comunque accade, è in Francia e Germania che i biglietti sono gratis!). E già che ci siamo, facciamo il contropelo ai dotti sapienti professori detentori di cattedra che non si sa mai dove spariscano quando c'è bisogno di loro, che si fanno corteggiare più di una rockstar quando c'è da lavorare, che delegano ad assistenti, protonotari e ancelle quando non hanno voglia di farsi vedere. Depuriamo la cultura? Ci sto!

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