La folie Baudelaire non è solo una narrazione, ma una ricerca, una ricostruzione, l'affresco di un periodo di storia letteraria. L'autore prende spunto da Baudelaire per parlare di tutto un mondo, quel monde o demi monde che ha vissuto il suo splendore e la sua rovina tra il protosimbolismo e la sua decadenza sul finire della belle epoque. Quello che Roberto Calasso ci propone è un viaggio, con le sue tappe, i suoi approdi e la sua conclusione: Baudelaire è il nome che fa brillare il circuito, ma i personaggi sono molti: Ingres, Delacroix, Mallarmè, Valéry, Rimbaud... ci sono nomi noti della grande cultura e nomi meno noti, destinati all'oblio o se si vuole a quella nicchia in cui il tempo costringe l'artigianato di genio, come quello dell'illustratore caro a Baudelaire. Il tono del libro è divagante, prende vie inaspettate, può concedere un capitolo intero alla descrizione minuziosa di un sogno di Baudelaire - quello seducente e sulfureo del museo bordello - e saltabeccare con grazia da un artista all'altro, dall'interno dello studio di Degas al catalogo di un Salon parigino. Ciò che ne viene fuori è un mondo perduto in cui si è tentato di realizzare un sogno troppo alto: quello di una piena coincidenza tra vita e arte, tra etica ed estetica. Per un po', questa visione si è concretizzata, suggerisce l'autore: in modo confuso, totalizzante, talvolta estremo. Baudelaire rimane il simbolo di questo tentativo, l'incarnazione stessa di quel male di vivere che si sarebbe accompagnato, di lì in poi e in modo inscindibile, con il concetto stesso di modernità. Ma qui si apre una voragine: che cos'è la modernità? Le risposte sono troppe e troppo complesse. Possibile definire Baudelaire un moderno? Proprio lui che scriveva in alessandrino e il cui verso sembrava la traduzione di un testo classico? L'alchimia, proprio per l'assonanza perfetta di certi momenti storici, è stata forse possibile; ma attenzione a considerare Baudelaire un maestro: non lo fu né volle esserlo. Un eretico, un incendiario, un provocatore, piuttosto. Soprattutto, un uomo di finissima sensibilità artistica, espressa tanto nei celebri Fleurs du mal, quanto nelle numerose prove critiche dedicate all'arte.
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