L'ultimo capitolo della patetica pochade in cui il nostro paese sta annegando, è quasi scontato, al limite del banale. Il Nostro è incorreggibile, e tanto vale che ci rassegniamo a questo desolante dato di fatto; non basteranno cortei, sollevazioni popolari, prese di posizione: il personaggio è questo e la sua corte dei miracoli resta invariata. Invariato resta anche il consenso di cui gode, ma qui si apre un capitolo che è meglio lasciare dov'è. Ora, consideriamo per un attimo l'impossibile, ossia che il Nostro cada per colpa di questa specie di puttanopoli sardanapalica, per questa sottospecie di lupanare smisurato e aperto più o meno a tutte le peripatetiche disponibili su piazza (o viale o vicolo o carrugio): a me quasi dispiacerebbe. Dico quasi perché in fondo ne sarei lieto, ma, insomma, con un briciolo i realismo bisogna pure ammettere che il vero motivo della Sua disfatta dovrebbe essere un altro: il suo fallimento politico e umano; il non aver in buona sostanza combinato nulla in quasi vent'anni di promesse e cialtronerie; l'aver massacrato i cervelli degli italiani con la paccottiglia televisiva; l'aver ridotto la politica ad un fatto privato, per squali, per speculatori; l'aver infarcito la politica stessa di figuri di basso profilo; l'aver tentato di instaurare un regime semiautoritario a sfondo televisivo. Il tutto condito da figuracce internazionali, da palle di ogni genere, da battute indegne del Bagaglino, da parentopoli, da un'evasione fiscale fuori controllo, da uno sbaraglio culturale senza precedenti nella storia repubblicana, da un divario Nord Sud mai così netto e inaccettabile, dalla mancanza di qualsiasi pudore e di qualsiasi senso di comunità, di Stato, di Unità nazionale. Questo dovrebbe essere il motivo della sconfitta. A quanto pare invece le ragioni che più prudono all'opinione pubblica sono altre. Tra i comandamenti quello che interessa di più, da che mondo è mondo, sono gli atti impuri.
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