E così Wikipedia ha compiuto dieci anni. Non è un traguardo da poco. Dieci anni di informazione libera, gratuita, aggiornabile, smentibile, confrontabile, il tutto in tempo reale, sotto la supervisione di quasi 80 milioni di utenti che tutti i mesi la consultano. Non è l'Enciclopedia Britannica, non è nemmeno la Treccani: non ha (ancora) il corredo storiografico, scientifico e filologico che si compete ad una pubblicazione che aspiri a diventare di riferimento, ma insomma, la strada più o meno è tracciata: d'altra parte Wiki riflette su di sé tutti i grandi pregi e le grandi contraddizioni della rete, strafalcioni e polemiche compresi. Ciò che conta, una volta tanto, è il riscontro percentuale: quali e quanti sono gli errori a fronte delle cose giuste e documentate? Credo che il computo finale sia largamente a favore della principale enciclopedia di internet, la sola che in questi due lustri abbia saputo unire praticità a completezza, versatilità a rigore. Non era una sfida facile in anni di pressapochismo e rapido consumo di fatti e informazioni, soprattutto se si pensa che la titanica impresa lanciata da Jimmy Wales è un'opera di volontariato puro, di pura e semplice condivisione di informazioni, sulla scorta di quello spirito americano ancora buono e genuino. Nel pantano degli Anni Zero, l'applicazione tecnologica si è rivelata ancora una volta molto più avanti delle lente retroguardie della politica: laddove regna incontrastato lo spirito burocratico, cartaceo, pachidermico, il web ha saputo sparigliare le carte, autogestendosi, ritagliandosi la propria isola di indipendenza, contro e in netta opposizione alle faccende di apparato. Non un'impresa di uomini al servizio delle macchine, ma un'impresa di uomini in mutuo soccorso, dove la macchina, la techné, rimane il prezioso tramite, il mezzo grazie a cui realizzarci meglio, ma niente di più. Quasi un'applicazione involontaria ma quantomai lieta delle famose leggi di Asimov.
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