Credo che il frutto più malato degli ultimi vent'anni di malgoverno, al di là dello spregio di qualsiasi regola e di un conformismo pauroso, sia il totale disprezzo della cultura, fattore che, alla lunga, produrrà anche i mostri peggiori. Nella favola anni cinquanta di cui stiamo vivendo le ultime, penose battute, per la cultura c'è stato uno spazio inconsistente: non ha mai fatto parte dei piani del governo di centrodestra: sarà meglio che ce ne facciamo una ragione. Mai un riferimento colto, mai una politica volta ad avvicinare le persone comuni al patrimonio artistico italiano, mai un accenno alla qualità intesa come possibilità di crescita intellettiva. L'eccellenza, altra parola abusata, è sempre stata applicata alla produttività più immediata e scontata; la creatività è stata appannaggio degli stilisti e di qualche strambo designer. Ma la cultura nella sua forma più complessa e articolata è stata sistematicamente elusa, dimenticata, relegata all'ambito delle stranezze improduttive, dei vezzi per buoni a nulla. E con che risultati, mi viene da dire. D'altra pare, in questi lunghi anni, non ho mai sentito mezzo ministro adoperare qualche riferimento un pochino alto, rifarsi a qualche concetto che non fosse elementare e ripreso a viva forza dal frasario imposto dal capo: basta sentire i balbettii dei reggenti di pubblica istruzione e cultura per rendersi conto della miseria verbale, concettuale e finanche semantica in cui versano i nostri. Una forma di ristrettezza mentale e di conformismo che impressiona e lascia sgomenti, perché ci mette di fronte in modo inequivocabile a come la mancanza di cultura produca opinioni in serie, azzeramento delle facoltà critiche e, diciamocelo, anche un'insopportabile ripetitività: sempre e solo ovvietà, ripetute alla perdizione. Il fatto è che questo centrodestra ha prodotto quello che sa produrre: una sottocultura televisiva, da Bagaglino, dove la pluralità dei modelli è stata cancellata, la conoscenza derisa e sbeffeggiata, i libri messi lì come arredamento, intonsi. Le lauree sono state la foglia di fico di questa classe dirigente: dottore di qua, dottoressa di là e sotto il vuoto più totale, un vuoto che ci ha resi sprovveduti e manovrabili, pedine in un gioco spietato, rovinosamente inutile.
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