Tra i vari disastri causati dal governo con la complicità effettiva delle opposizioni, se ne aggiunge uno, sempre dimenticato ma di dimensioni sconcertanti: la questione ambientale. In un crescendo di rabbia e sgomento, ho letto l'articolo di Carlo Petrini (qui il link) in cui, con la disarmante forza delle cifre, viene tratteggiata la situazione in cui versa l'Italia in questo momento: c'è poco da stare allegri, siamo ad un passo dal baratro. E non solo o non tanto per l'insipienza politica e la sconfinata arroganza di questo centrodestra, ma per tutto un sistema politico amministrativo che ha taciuto, si è accodato, docile, sottoscrivendo l'assassinio del bene pubblico. Perché l'acqua è pubblica, il suolo è pubblico, il territorio è pubblico. Un pugno di signori eletti non si sa bene come ha disposto, in tutti questi anni, del patrimonio comune come se si trattasse di una proprietà personale: un gigantesco mostro edilizio, mosso dai più spietati e infimi interessi personali, che sta letteralmente divorando il paese. Nel silenzio più totale. Una porzione di territorio pari a Lazio e Abruzzo messi insieme è sparita, inglobata nel calcestruzzo, nel giro di qualche anno: un'immagine che fa rabbrividire. Altro che buon governo, altro che valori. E forse proprio per questo motivo le nomine politiche delle cariche pubbliche risultano ancora più insopportabili, perché, ormai è acclarato, non offrono (non hanno mai offerto) alcuna garanzia qualitativa, ma solo un sordido sottobosco di clientelismo e favore, una palude malsana di interessi incrociati, di comprevendite a danno della Nazione. Il risultato: lo stuolo di capannoni, centri commerciali, inguardabili palazzacci, immonde colate di cemento che possiamo vedere intorno a noi ogni giorno. In cambio, ovviamente, il nulla: non un'infrastruttura che serva davvero, non un'opera pubblica degna di questo nome. Autostrade inadeguate, rete ferroviaria imbarazzante, totale emergenza abitativa. E i posti di potere dati alle cortigiane in cambio dei loro favori. Allegria.
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