Guardare almeno ogni tanto Report su Raitre significa farsi un'idea un po' meno approssimativa del paese in cui viviamo; sfrondato dai lustrini, privato degli effetti speciali; quel che resta di una nazione al netto degli ultimi quindici vent'anni di presunto buongoverno. Un paese marcio, collassato, invaso da un'orda di approfittatori, di squali senza scrupoli. Tutti con un denominatore: l'appartenenza ad una lobby, ossia un potere forte, una loggia più o meno segreta che muove pressioni, si appropria di denaro pubblico, fa i fattacci suoi al di fuori di qualsiasi controllo. In comune, tutti questi signori, hanno anche delle discrete facce da culo; facce di gente che la fa sempre franca, che gestisce soldi, potere, mezzi in virtù del niente. Niente concorsi, niente trasparenza, niente di niente. Hanno anche un altro fattore comune questi individui di potere: amano le privatizzazioni, il privato in genere e odiano tutto quanto è pubblico. Comprese quelle leggi che di tanto in tanto si permettono di arrecargli qualche fastidio, intralciandoli nei loro affari. L'altra faccia dell'Italia in questa fase storica è quella di una repubblica che sta venendo a patti col diavolo, cedendo, un poco alla volta e in cambio di niente, quella rete sociale che finora ha impedito il disastro. Come diceva Adam Smith, la democrazia e il capitalismo si conciliano solo a fronte di una tassazione che permetta il mantenimento di un forte stato sociale, fatto di istruzione, assistenza, sanità e di tutti quegli accorgimenti che oggi chiamiamo welfare. Sapesse il povero Smith la strada che stiamo imboccando: nemmeno gli ospedali e le scuole sono stati risparmiati, e ora vengono chiamati "aziende", oggetto, come tutto il resto, degli appetiti senza fine di chiunque voglia specularci un po', del primo pirata che si traveste da imprenditore, che ci racconta la favola del siamo tutti sulla stessa barca, i nostri interessi sono uguali. Come no.
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