Non so se la trasmissione Voyager abbia successo o meno. Visto che l'unico metro di giudizio dei programmi televisivi, oltre alle veline di governo, sono i dati dell'auditel, dovrei concludere che non sono negativi. Ma non è questo il punto. La questione per quanto mi riguarda è piuttosto grossa: Voyager è ufficialmente l'unico programma televisivo che guardo. Non c'è una vera ragione. Sono perfettamente consapevole che si tratta di un format alquanto lacunoso: l'indagine storica è a livello di Dylan Dog, le basi scientifiche sono confuse, raffazzonate, dette e non dette. Dal punto di vista giornalistico spesso e volentieri vengono infrante le regole minime del chi cosa quando, visto che non di rado i servizi partono in medias res, dando per scontate un mucchio di cose che rendono ogni servizio praticamente campato per aria, privo di qualunque contesto. I temi di partenza sono interessanti: il rituale del "confine della conoscenza", ripetuto come un mantra, offre qualche buono spunto, qualche volo della fantasia, che però viene puntualmente banalizzato dall'entrata in scena dei templari e degli alieni. Insomma, Voyager ha tutte le carte in regole per essere definito un programma fuffa, come si direbbe dalle mie parti. Eppure ha un suo fascino. Non va vissuto come un manuale, ma come un fumetto; non come un saggio ma come un raccontino fantasy, di puro intrattenimento, dove si possono perdonare le numerose approssimazioni, le insensatezze, il sistematico ricorso a parole chiave e temi bolliti come, appunto, templari e alieni. Non siamo nel genere scientifico, ma nemmeno in quello divulgativo: siamo nel territorio della letteratura di genere. Quella che intrattiene, senza alcun'altra ragione. Non c'è né capo né coda, ma la forza di Voyager è proprio questa: sedicenti esperti che sostengono l'insostenibile, conclusioni improbabili gettate con noncuranza dal conduttore in chiusura di servizio: "L'arca dell'alleanza? C'è chi sostiene sia un nocciolo nucleare." Chi sia questo qualcuno, però, non lo sapremo mai. Meno giustificabile, invece, la produzione libresca scaturita dalla costola del programma, ma questo è un altro discorso. Godiamoci il brivido dell'improbabile, senza fare troppe domande.
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