rinchiuso nell'armadio
l'aquilone
vola nella mia mente
28.2.1982
Ad una prima analisi la poesia di Antonio Porta suggerisce una potente metafora esistenziale: il vivere come brama vorace, ora esplicitata in forme esterne, ora intima e immanente, rivolta al sé in modo quasi cannibalesco. Antonio Porta ha saputo raccontare, in oltre trent'anni di lavoro poetico, una trama incentrata sulla coerenza: dalle prime prove de I rapporti, fino a l'Airone, ultima lirica dell'ultima raccolta. Il suo accento si fa potente e insinuante, si fa concreto laddove tratta di temi comunemente considerati impoetici: la forte presa sulla realtà e sul rapporto tra l'uomo e il reale lo conduce verso un territorio inesplorato, e, forse, inospitale. Sono versi intessuti di carnalità, ma anche di partecipazione alla carne, di vita vissuta, osservata, spesso incompresa, incomprensibile, amata e odiata: Porta è un poeta degli estremi opposti, un artista delle forme involute, degli abbozzi, ma anche delle ampie volute e dei voli lirici; è uno scrittore che ha saputo manipolare la poesia anche graficamente, rompendo, a livello di disposizione testuale, quello che, più per consuetudine che per altro, era stato assunto a canone. Ecco che i versi si intrecciano, salgono a colonne, si interrompono, fanno a meno della punteggiatura (ma non del ritmo, piccolo miracolo del poeta) e delle maiuscole, eppure le parole escono addirittura rinvigorite: sono lì, fragranti, intatte in tutta la loro sostanza. La sua tensione lirica, come Porta stesso ci dice, ha come fine una forma di ordine: nel caos esistenziale e in fondo privo di senso, il poeta si incarica di cercare delle linee di contorno, di riorganizzare la materia casuale in materia poetica. Da qui forse la precisione nelle date: date che accompagnano quasi ogni componimento, riferimenti temporali che non sono esornativi, ma che fanno parte in modo esclusivo e assoluto di ogni componimento; date che ci guidano, cercano di farci capire, di darci delle coordinate temporali e spaziali. Abbiamo modo allora di capire come certi lavori abbiano richiesto una lunga gestazione e come invece altri siano nati sulla scia emotiva di una particolare sensazione. Alla fine, "come può un poeta essere amato?" La domanda rimbalza, senza una risposta, lasciando un'inquietante ombra lunga che Porta aveva intuito e forse temuto. Qualcuno lo ha definito un poeta con l'ossessione della narrazione. Non mi sembra un'esagerazione. Ce ne fossero di ossessioni così belle.
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