Fa certo riflettere la storia del premier che, in piena crisi politica e sociale, con l'Italia data per prossima alla bancarotta, anziché cercare una soluzione si affanna al telefono per stoppare quel poco di informazione libera che ancora circola, imponendo direttive e cercando con la massima solerzia di impedire a questo e a quello di parlare. Impedire di parlare. E la libertà dove va a finire? Nei nomi dei partiti demagogici, lì e solo lì. Ma il sistema che sta emergendo in queste settimane va oltre qualsiasi finanche immaginabile prepotenza del singolo politico: il quadro che emerge è un viluppo di politica, affari, sesso, viltà, autoritarismo da fare impallidire una repubblica sudamericana. Di fatto non dobbiamo preoccuparci di quello che potrà accadere, perché il peggio è già accaduto: ci siamo in mezzo, lo stiamo vivendo, vediamo ogni giorno quali sono gli effetti e quali le sconcezze. La sensazione è che il castello di carte stia per crollare, anche l'uso mostruoso che è stato fatto finora delle televisioni ha ritardato notevolmente il processo di naturale comprensione del problema da parte di ampi strati di popolazione che si basano solo sulla tv per farsi un'opinione. In un paese più e meglio informato, forse, e dico forse, la questione mister B non si sarebbe nemmeno posta. E in tutto questo casino il capo non si premura di correre ai ripari, di ledere il velo delle reticenze (chiamiamole così) ma di nascondere la polvere sotto il divano tramite i suoi fidi sparpagliati un po' dappertutto nelle patrie istituzioni. Nella speranza che la gente dimentichi. Nella speranza che chi non è d'accordo si allinei e si normalizzi. Speranza forse non del tutto peregrina la prima, meno realizzabile la seconda.
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