Pensavo all'evoluzione del partito della Lega Nord. Un movimento nato sulla scorta di un forte malcontento popolare, animato da intenti rivoluzionari, che ha prima sfidato l'establishment romano e poi proposto addirittura un'improbabile secessione. Ora la Lega è una forza di governo, legata al berlusconismo da strani vincoli elettorali. Millanta sempre fucili, munizioni e sommosse popolari, ma diciamocelo, da un partito di maggioranza, saldamente insediato al potere da più lustri, risulta filologicamente poco corretto aspettarsi una rivolta. Contro chi, oltretutto, non è dato sapere, ma fa parte della logica populistica aizzare il popolo contro i "nemici", che nel caso della Lega sono i più deboli della terra: extracomunitari in primis. Ora il Carroccio è al potere da molti anni, servo e complice di quella "Roma ladrona" di antica memoria, con tanto di ministri, viceministri e ammennicoli vari dotati di tutti i conforti che quella tanto odiata Costituzione garantisce loro. E' un destino bizzarro, mettiamola così. Da castigamatti dei terroni a paciosi funzionari romani che lavorano fianco a fianco ad altri funzionari provenienti da tutto lo stivale. Del passato restano la maleducazione esibita come un vanto, un accento pesantemente sfoggiato, la tendenza ad avocarsi sogni e speranze di tutto il Nord. Dimenticandosi che ci sono persone del nord come me (nate e cresciute in Lombardia, di famiglie lombarde da sempre) che non solo non vogliono avere niente a che fare con la Lega, ma che si sentono anche stanchi di essere inclusi d'ufficio nel fantomatico popolo verde. In più, oggi, c'è il curioso paradosso di vendersi come movimento di rottura anche quando si incarna, come e più di tutti gli altri, l'essenza del potere ministeriale e dirigista. Non male.
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