Franny e Zooey si propone come un dialogo in forma di romanzo, o se si vuole come una rappresentazione da camera, intima, confidenziale. La narrazione è divisa in due momenti: il primo riguarda l'incontro tra Franny e Zane, il suo fidanzato, il secondo descrive, in un'unica e ampia voluta, un momento familiare in casa Glass, dove a occupare la scena sono la stessa Franny, suo fratello Zooey e la loro madre Bessie. La ragazza, in crisi spirituale e materiale, ha un lungo confronto con il fratello. I due racconti che compongono questo romanzo non romanzo sono i primi due pezzi del mosaico che narra gli avvenimenti della famiglia Glass, epicentro letterario attorno a cui Salinger tornerà diverse volte negli anni, sia con un altro romanzo (Alzate l'architrave, carpentieri e Seymour. Introduzione) sia con racconti sparsi. Rispetto al celebre Giovane Holden, in questa tappa dello scrittore americano si entra in una cerchia di avvenimenti più compatti, dove il tono cronologico è dato dalla scansione di piccoli eventi quotidiani: farsi la doccia, radersi, consumare un pranzo al ristorante, scambiare chiacchiere con la propria madre, fumare una sigaretta dietro l'altra. Salinger non ha fretta, ci descrive la vita nelle sue piccole schegge rivelatrici, visto che, come l'autore sostiene in brano, gli oggetti che rivelano davvero il nostro carattere sono quelli apparentemente casuali lasciati sparsi sul comodino. Ma liquidare Franny e Zooey come un tentativo di romanzo di conversazione sarebbe ingeneroso e sbagliato: ogni riga ha il potere straordinario di dire effettivamente qualcosa, di parlare per mezzo di un linguaggio universale che buca le barriere del tempo e dello spazio geografico. L'azione che si svolge in America quasi sessant'anni fa è la stessa che potrebbe svolgersi qui, oggi, con gli stessi pensieri, gli stessi dubbi, la stessa smania di vivere e di farsi capire. Personalmente ho amato molto il Giovane Holden, ma non ho avuto difficoltà a ritrovarmi anche in queste pagine: Salinger mi dice qualcosa ad ogni pagina, mi parla, sa in anticipo quello che penso e subito prepara una risposta, in un gioco di assonanze e richiami che ha del miracoloso. La semplicità, la schiettezza, la verità del suo linguaggio sono la linfa stessa della scrittura made in America, quella scrittura che salvò - letteralmente - la letteratura europea dalla palude del manierismo e la costrinse a misurarsi con la vita di tutti i giorni, con le sue incertezze e le sue paure. Salinger non è un minore: è uno dei grandi. Ha raccolto la tradizione dei vari Hemingway, Steinbeck, Sherwood Anderson e l'ha rielaborata a modo suo, in un percorso originale, dove i valori che emergono non sono più ossequiosi di un mito, ma deflagrano in aperta ribellione con la tradizione borghese e perbenista incapace di schiudersi nei confronti della vita. Prima del fenomeno beat, e ben al di fuori da esso, in quella tensione tra arte ed esistenza che possiamo chiamare senza problemi stile.
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