Quello che si è consumato ieri in parlamento, al di là del dato numerico in sé, è la più vera e pesante rappresentazione del potere a cui abbiamo assistito negli ultimi anni. Il potere nella sua forma più pura e nitida si è organizzato per rimanere esattamente dov'è; ieri, tra quegli scranni vellutati, si è determinata la frattura definitiva e insanabile tra potere (apparato politico) e oggetto del potere (noi). In un attimo tutte le chiacchiere su "bene comune", "bene del paese", "responsabilità nazionale" (questa frescaccia secondo me merita la Palma d'Oro) sono miseramente crollate, mostrando l'unico, vero volto che questa classe dirigente ha e abbia mai avuto: quello del mantenimento di se stessa ad ogni costo. In un miscuglio di compravendite, proclami, bugie pure e semplici, l'orgia parlamentare ha disvelato i suoi tratti peggiori ma, viene da dire, gli unici che abbiano un qualche valore di verità: tratti bestiali, incattiviti, tanto più spaventosi perché ormai palesi, dichiarati al pubblico senza più bisogno di ricorrere a salotti televisivi e make up da quattro soldi. La summa di questo porcile, il tratto esemplare che rimarrà nelle menti di tutti, è probabilmente quello dei parlamentari transfughi, gli indecisi, i voltagabbana, quelli che fino all'ultimo hanno provato, in modo patetico, a difendere la loro indifendibile posizione adducendo chissà quali ragioni politiche e cercando di infinocchiare tutti, ancora una volta, circa la moralità delle proprie scelte. Il potere invece ha un solo valore: il proprio mantenimento, e ieri ha fatto quello che sa fare, escludendo i cittadini da qualsiasi possibile rapporto ambivalente, perché i cittadini, ieri, erano l'ultimo dei pensieri di questi signori. Se la democrazia è soprattutto scambio, ieri abbiamo assistito nel contempo ad un'orgia e a un funerale, dove sotto terra è finita la dignità parlamentare, ossia democratica, ossia nostra.
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