Le rivelazioni fornite da Wikileaks non sono rivelazioni, almeno per quanto riguarda i protagonisti di casa nostra: sapevamo già tutto da tempo, con dettagli e controdettagli. Penso che un sentimento analogo tocchi anche i sudditi di tutti gli altri regnanti citati nell'interminabile serie di cablogrammi che sta squassando le cancellerie di mezzo mondo. Nessun sussulto dunque. O forse sì: Wikileaks sta squarciando per la prima volta il velo untuoso e talvolta ipocrita della diplomazia internazionale, quella che per intenderci organizza di tanto in tanto dei summit sui massimi sistemi che puntualmente non risolvono una cicca e che si concludono con le immancabili fotografie e strette di mano che più convenzionali non si può. Nelle note stilate dagli addetti alle ambasciate americane sparse nel mondo, c'è il ritratto di una società molle e alla deriva, dove i potenti sono alle prese con fisime, isterismi, affari del tutto privati che nulla hanno a che vedere con la sorti dei paesi di cui devono difendere gli interessi. E' la prima volta, in altre parole, che l'ovvio suscita tanto interesse, perché un conto è la chiacchiera da bar, il segreto di Pulcinella che tutti sanno dandosi di gomito e ghignando, e un conto è vedere questo ovvio nero su bianco, in quei dispacci confidenziali che servono a ritrarre un paese più di tante cerimonie. L'inconfessabile è venuto a galla: l'Italia sullo scacchiere internazionale conta meno di niente. Ennesima, scomoda verità risaputa e negata a oltranza che ora ci viene sbattuta in faccia, come una torta rancida: ma veramente qualcuno si era illuso che la politica delle pacche sulle spalle e delle feste servisse davvero a qualcosa? Per contro c'è da dire che anche l'immagine che ne esce dell'America risulta un poco imbarazzante: isolata, chiusa in se stessa, priva di referenti politici, diffidente e sospettosa di tutto e di tutti, sempre pronta ad aggredire e mai o quasi mai a rimettere in discussione le proprie scelte. In ultima analisi verrebbe da dire che nessuno ci fa una bella figura, e forse proprio per questo alla fine non se ne farà niente, seguendo la logica molto italiana (almeno questa) del tutti colpevoli nessuno colpevole. D'altra parte una crisi diplomatica internazionale tra quasi tutti i paesi del mondo non servirebbe a niente, se non a logorare ulteriormente le già sfibrate risorse strategico/politiche globali. L'importanza di Wikileaks non sta tanto nella rivelazione in sé, quanto piuttosto nella nuova fase che apre: il riservato non è più così riservato. Le informazioni sono potere, e sono sempre più difficili da mantenere segrete, ogni decisione è monitorata soppesata, pronta a sfuggire di mano e a costituire un potenziale vantaggio strategico per i diretti avversari. Ma la parola avversario presuppone anche quella di alleato, e da quanto si legge sembra piuttosto di assistere ad un desolante tutti contro tutti, dove lo scontro si consuma sulla base di ripicche, parlarsi alle spalle, diffidare l'uno dell'altro. La nuova frontiera delle controversie internazionali.
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