Un annetto fa polemizzavo su questo stesso spazio in merito ad una frase, secondo me infelice, pronunciata da Roberto Saviano nei confronti della città di Milano. Ora sono qui per dire non tanto che il suo monologo di ieri sera mi ha tecnicamente convinto (concetti chiari, esposizione essenziale ma mai sciatta) e politicamente interessato, ma per sottolineare una differenza: quella tra la trasmissione di Raitre Vieni via con me, e il Grande Fratello di Canale 5. Confronto impietoso, improponibile, ci mancherebbe. Ma non siamo noi a proporlo: sono stati i palinsesti televisivi a dividere in due la teleutenza, offrendo, nello scacchiere precotto di una serata (ex) catodica, un suggestivo anche se non del tutto voluto raffronto tra due modelli estetici e, insieme, morali e culturali: l'ambizione del programma di Fazio e Saviano e la regressione del Grande Fratello. La tensione civile da una parte, l'abbandono di qualunque contegno dall'altra; la memoria e la dimenticanza; l'individuazione e la dispersione. Potremmo continuare ancora a lungo con questo giochino. Ciò che conta è che in questa singolare tenzone hanno avuto sfogo due istanze molto precise: quella popolare sana e quella popolare becera. Due mondi, due stanze separate, due vasi non comunicanti; se proviamo a convincere ciascun utente delle due fazioni della bontà del suo opposto, falliremo in partenza, ciascuno rimarrà della propria opinione. Con buona pace del politicamente corretto. In altre parole la proposta di Fazio e Saviano non è innovativa in termini di comunicazione, né tantomeno di messa in onda: è interessante perché ci pone di fronte al potere della parola, alla sua funzione corrosiva e riflessiva, introspettiva e politica; la parola, in una serata come quella di ieri, ha dato fastidio al Palazzo, che ha avuto paura e ha cercato di ostacolare il programma in ogni modo, sia adducendo improbabili cavilli burocratici sia adeguando le altre reti con una massiccia controprogrammazione, di cui il Grande Fratello fa parte. La notizia è che la parola ha vinto su tette e culi; la notizia è che la parola è ancora l'antidoto più potente all'anestesia delle coscienze.
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