Il sogno Obama, la sua carica di umanità e di valori sociali, sembra arenata sui soliti, vecchi scogli conservatori americani. Vecchi squali, vecchie mitologie del pioniere più tenaci della gramigna, più seducenti di un vecchio amore che tornano come un eterno castigo a punire qualsiasi tentativo di svolta. Il sogno è stato (ed è) grande, meno la congiuntura storica. La gente, dal canto suo, non trova di meglio da fare che rifugiarsi nella retorica, che in tempi di magra si presta come un rassicurante brodino da opporre allo shock del cambiamento e dell'eguaglianza. Due concetti, così apparentemente distanti eppure così affini, che proprio non vanno giù allo zoccolo duro di questo paese: così moderno eppure così sfacciatamente retrogrado, così materialista eppure così confessionale. A fotografare questo momento di involuzione, ci riesce meglio di un teleobiettivo il cosiddetto Tea Party, grottesca formazione dell'ultim'ora, agglomerato di falchi col forcone in mano, ultraconservatori impermeabili al ragionamento che hanno agguantato un risultato impensabile solo fino a qualche mese fa. I motivi di questo allegro ritorno alle caverne francamente non lo so. L'economia non va così bene come dovrebbe, perfetto. Gli americani sono allergici allo stato e alla solidarietà sociale, d'accordo. Ma non può bastare a spiegare la perpetua rinascita dei peggiori istinti repubblicani, del conservatorismo più bieco e bigotto ogni volta che le cose non vanno come si sperava; c'è qualcosa di insondato e di sconcertante dietro le brusche svolte a destra di un popolo che anche nelle sue fasce più basse non trova altro orizzonte oltre a quello del mercatismo. Il risultato? Una delle società più classiste del pianeta, più privatizzate, in mano agli squali della speculazione, proprio quelli che hanno causato il dissesto economico globale. Il grande sogno di Obama può già dirsi al capolinea, ed è un danno incalcolabile. Nelle pastoie del compromesso sarà quasi impossibile portare a termine i progetti epocali, importanti, essenziali del suo governo. E' un peccato, perché di uomini così ne nascono pochi. A fronte delle cospicue nascite di guerrafondai incolti e bigotti non è una bella prospettiva.
0 commenti:
Posta un commento