42° Parallelo è forse il romanzo più importante di John Dos Passos; lo è nella misura in cui racchiude dentro di sé la migliore essenza dello scrittore, lo è per il sapiente intreccio di vite e di vissuti che si sfiorano, si accarezzano, senza la pretesa di interagire. Sono storie piccole e grandi quelle che Dos Passos racconta: vicende di segretarie emancipate, di meccanici in cerca di fortuna, di self made men non ancora fagocitati dalla deriva capitalistica. E su tutto incombe la Storia: quella della crudele ed epocale industrializzazione americana e quella dell'entrata in guerra degli Usa nel primo conflitto mondiale. Il romanzo è ciò che propriamente si definisce di solito un affresco: un'ampia voluta entro cui si narrano vicende di singoli che si fanno però paradigma di un'intera epoca. E' un'America ancora vergine quella che ci descrive lo scrittore: un paese che ancora crede nei suoi sogni, che ancora è disposto regalare qualche chance, ma in cui già si intravedono le contraddizioni destinate ad esplodere di lì a non molti anni, tra chimere di facile ricchezza e l'ombra di un capitalismo autoreferenziale che tratta gli uomini come merci. Ma 42° Parallelo è anche un saggio di scrittura, una tela su cui le parole scorrono e si intersecano libere e felici, raggiungendo un sorprendente connubio tra spontaneità e mediazione culturale che regala una delle prose più belle e ricche della letteratura nordamericana, con una lingua che gioca su più livelli e su più registri, come in una monumentale commedia umana: è un romanzo appassionante da leggere, al di là del suo denso contenuto. Non c'è traccia di moralismo in Dos Passos, ma piuttosto di una forte tensione etica e spesso anche politica, dove la presa di coscienza non offusca la lucidità dello scrittore ma anzi la esalta, regalando spunti di riflessione ad ogni pagina. Più di tante trovate editoriali dell'ultim'ora, 42° Parallelo può essere letto come un testo divinatorio, che dell'America ha detto tutto con ottant'anni di anticipo: leggere per credere.
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