L'emozione è una categoria che va molto di moda. E' un bene comodo, facilmente propinabile tramite le vaste falangi mediatiche. E' un bene trasversale, consolatorio che si adatta con facilità a molteplici situazioni; ci emozioniamo con canzonette, con balletti, con struggenti tragedie familiari. Ci emozioniamo per i delitti, per le assoluzioni, per i fatti di cronaca, per le cagnette che adottano cuccioli di iena. Ci emozioniamo quando vediamo qualcuno piangere (è il trucco più vecchio che i registi conoscono per far commuovere nei propri film), ma ci emozioniamo anche quando spariamo a zero su qualcuno in un processo televisivo, quando ci sentiamo migliori di qualcun altro che non sa le risposte di un quiz. L'emozione facile, accattona, è da sempre il piede di porco usato per sobillare le folle, azzerando la loro capacità critica, coinvolgendole in un unico rito di massa, dove la differenza tra giusto e sbagliato ma anche tra bello e brutto viene di fatto oltrepassata. Il fatto che l'emozione sia tanto in voga è un segno dei tempi, o meglio: è il segno di una specifica fase del costume, forse non solo italiano; una fase che predilige le sensazioni basiche a quelle complesse e che tende progressivamente a sostituire il ragionamento con i singulti della pancia, la difficoltà della comprensione con l'immediatezza della pelle. L'emozione è un po' il termometro di un pensiero rovesciato, che ha capovolto le categorie mentali (o forse le ha turpemente assecondate) privilegiando l'impatto alla sostanza, al solo scopo di solleticare le voglie più popolari della gente, rassicurandola con qualcosa di semplice, immediato, che non richiede troppi sforzi. Il male sarebbe finanche accettabile se alla gggente fossero date delle alternative, ma con tutta evidenza permane il mito del "popolo bambino", bisognoso di cure e di carezze, perché ritenuto naturalmente incapace di padroneggiare realtà complesse e differenziate. E' una forma di razzismo, tanto più subdolo perché strisciante, presentato sotto nobili vesti ed eleganti fattezze. Ma sotto c'è sempre il Minculpop.
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