Come avremmo bisogno in questo momento di un uomo come François Truffaut. Dico uomo prima che regista e artista di prima grandezza. Ne avremmo bisogno perché ci aiuterebbe a liberarci dal peso delle false preoccupazioni, dalla melma delle incertezze procurate e non veramente avvertite. Era un sognatore con la concretezza che solo un artista sa avere. Maneggiava materia umana con la delicatezza di chi sapeva che le vite delle persone e le storie che le intessono sono una sostanza fragile, appena percepibile, che rischia di andare in frantumi alzando troppo la voce. Ci ha parlato del cinema e della vita attraverso il cinema, ma è stato anche molto di più: un narratore, che ha alimentato le sue storie con la sua storia, che ha odiato e amato l'esistenza venendone ricompensato e infine giustiziato, con una fine dolorosa e tragica. Di Truffaut ci restano molti film, molte idee, e in generale la testimonianza di un uomo coraggioso, che non scese mai a compromessi con le sue idee, e che anzi le difese, le amò, le portò alla loro massima espressione. Non fu un cattedratico, né tantomento un prodotto d'accademia: la sua opera parla di una limpidezza densa che non è mai verbosa, e meno che mai intrisa di luoghi comuni e di intellettualismi, nonostante che lui fosse un intellettuale di spessore, di rara intelligenza. Amava il cinema e la sua opera era per lui una missione; il resto non contava: le apparenze, le convenienze sociali, gli obblighi di stato erano solo un intralcio di cui liberarsi il prima possibile. Era uno dei pochi registi che sapessero valorizzare la figura femminile, che la comprendessero senza fraintenderla in un senso o nell'altro. Anche per questo ci sarebbe stato ancora bisogno di lui, ma a quanto pare dovremo accontentarci del poco che passa il convento. In mezzo, una pletora di mediocri, di falsi artisti, di politici che di cinema e di arte non sanno un cazzo e che si permettono di criticare, che so, Roberto Rossellini. Consolarci pensando che si tratta di gente da poco non aiuta granché.
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