Adesso salta fuori che i vaccini non sanno più dove metterli. Milioni di vaccini, deperibili nel breve volgere di un anno solare. Dopo il solito casino iniziale, dopo i soliti annunci, dopo la solita catastrofe preventiva, ecco che 23 milioni di dosi non hanno più scopo di esistere. Una minima parte andrà in donazione all'Oms, e il resto chissà. Verrà sbattuto via probabilmente. Gli italiani vaccinabili sarebbero oltre venti milioni a quanto pare; in poco più di ottocentomila hanno offerto il braccio all'ago della siringa. La casa farmaceutica che produce il vaccino, comunque, verrà pagata, in grazia di un contratto capestro firmato dallo stato italiano nella canicola agostana. Si annunciano class action, azioni della corte dei conti. Se tanto mi dà tanto verrà istituita anche una bella commissione, l'ennesima. Ma il senso di spreco rimane. Non sono un medico e non ho i mezzi per esprimermi sulla parte scientifica, ma mediaticamente ci siamo trovati di fronte al solito pasticcio italiano e forse non solo italiano, visto che in Europa solo un ministro del governo polacco aveva provato, in tempi non sospetti, a mettere in guardia di fronte ai rischi di scelte irragionevoli dettate dalla fretta. Le cose si sono messe come sappiamo nel frattempo, insegnandoci, ancora una volta, che la ragione non è detto che stia dalla parte del portafoglio e che il business della salute è un territorio vasto, largamente incontrollato, appetibile per orde di sciacalli disposte a tutto pur di speculare sulla pelle della gente. I malati, ormai è chiaro, se non ci sono si creano. Nella prospettiva sciagurata di una sanità unicamente privata (perché è a questo che ci sta portando il modello imbecille che l'Italia ha votato) si aprono scenari a dir poco preoccupanti. Tra sars e suina stiamo assistendo ad una sorta di prova generale dell'unico virus per cui non ci sia interesse a trovare un vaccino: la stupidità mediatica. Dispiace che il povero Topo Gigio sia rimasto coinvolto.
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