Quale sarà il futuro del libro stampato? Quali orizzonti di gloria o di soffitta lo attendono? Siamo in tanti a porci la domanda. A scadenza regolare rimbalza la questione dell'adeguamento per così dire tecnologico della veicolazione della lettera scritta. Carta o digitale? Digitale viene da rispondere di primo acchito. Il digitale consente incredibili possibilità di risparmio, di velocità, di ottimizzazione degli spazi e dello spreco di fibra vegetale. Tutto vero. Ma un libro non è un comune oggetto di consumo: è un bene affettivo che si sviluppa in tutta la concretezza e la consistenza della sua natura. Un libro è qualcosa che invecchia con noi, che rispunta ad anni di distanza dalla polvere delle cassapanche, e che reca su di sé i segni della nostra rabbia o della nostra approssimazione, della nostra partecipazione emotiva o addirittura del nostro totale disinteresse (nel caso in cui fosse intonso). E poi un libro è un oggetto di arredamento. Non saprei francamente con cosa riempire i muri di casa se non avessi i libri, pure col rischio di fare la fine pazza e assurda di quel professore protagonista del romanzo di Elias Canetti, Auto da fé, prigioniero della sua passione libresca, e letteralmente foderato nei dorsi delle copertine. Ma il fatto che si scriva un libro sulla passione per i libri, e sulla loro interpretazione diciamo pure allegorica, è il chiaro segno di una dedizione che va oltre l'impatto tecnologico. Il fatto è che a noi i libri piacciono, proprio nel senso più edonistico della parola. C'è chi ama i soprammobili, chi le auto d'epoca, chi i giochi dell'X box. A noi piacciono i libri, e non riusciamo a sbarazzarcene, pur essendo schiavi della tecnologica e della tecné al pari di tutti gli altri. E' come se l'oggetto libro scavasse un solco tra sé e la caducità di tutte le altre anticaglie obsolete che l'umanità ha lasciato per strada nel corso dei millenni. Tutto ma non la mia Babele di carta, la mia piramide eretta in nome di un culto, quello letterario, volubile e capriccioso, a volte esaltante e a volte noiosissimo, ma sempre presente, vivo, guizzante tra le nostre dita come un fluido miracoloso, che qualche volta ha il potere di aprirci gli occhi o di chiuderceli, per eccesso di pietà. La lettura (di libri) è un vizio impunito, come diceva il caro Larbaud.
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