In contrapposizione con quanto scritto l'ultima volta, oggi vale la pena di spendere qualche parola a favore di una personalità di tutt'altro spessore. Oggi il maestro Fellini avrebbe compiuto novant'anni. E' una di quelle ricorrenze postume che contano un po' poco, ma che offrono il destro per ricordare una persona grande, un artista, una delle poche personalità artistiche italiane degli ultimi trent'anni riconosciute a livello internazionale. Non che questo in sé significhi qualcosa, ma insomma, meglio di una marchetta da cinepanettone. Un altro mio mito personale, Francesco De Gregori, scrisse in, occasione di un altro compleanno del regista, un intelligente e delicato articolo intitolato "Fellini non esiste, ma ha settant'anni", dove con penna felice prova a dare una forma verbale al perché quel piccolo o grande club di persone che credono nella possibilità che la vita possa farsi arte, abbia bisogno di persone come Federico Fellini. Fellini esiste ancora e dunque, in un certo senso, non è mai esistito, come tutti coloro che per un periodo breve o lungo hanno vinto la morte. Ma Fellini va oltre a questo stereotipo, perché in lui non c'è niente di eroico: è grande senza il senso del tragico, nonostante la triste morte, che comunque appartiene solo alla sua vita terrena e non al suo spirito. Il suo spirito sono i suoi film, o meglio: l'idea del mondo che scaturisce dai suoi film, che è al tempo stesso sognante (i suoi film sono una proiezione onirica) e ultimativa, perché tra una metafora e un bozzetto grottesco ci mette a tu per tu con quell'idea di morte e dissipazione che il boccone di plastica che stiamo succhiando da almeno trent'anni tenta disperatamente di mascherare. Il maestro tentò come poté di opporsi alla piega che stavano prendendo gli eventi. Criticò aspramente il modello berlusconiano tutto pubblicità e scemenza; girò anche un film in cui si respira questa malinconia: quel Ginger e Fred, tenera elegia di due ballerini sul viale del tramonto. Non credo che il punto in cui siamo gli sarebbe piaciuto, non credo nemmeno avrebbe apprezzato quell'insulto di Nine, la commedia musicale merrecana ispirata a Otto e mezzo. Ma forse avrebbe abbozzato, si sarebbe aggiustato il cappello, avrebbe raccontato un'altra storia. Alla faccia loro.
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