Fa un certo effetto vedere e ascoltare Goffredo Parise in questo video d'annata. La prima impressione che ho avuto è stata quella di rivedere un vecchio amico, più o meno lo stesso sentore che avverto ogni volta che apro un suo libro. Un amico discreto, colto, piacevolmente loquace, capace di descrizioni lievi come di profonde introspezioni. Negli anni ho raccolto praticamente tutta l'opera omnia di Parise, alla ricerca del tassello mancante, della chiave di volta che potesse illuminare quello che, in fondo, è stato il suo mistero: la storia di un intellettuale atipico, difficilmente definibile, facile da amare e difficile comprendere, giovane scrittore di provincia e spericolato reporter di guerra, narratore robusto e concreto dalle zone calde del mondo ma anche sottile poeta capace di comporre quel gioiello che sono i Sillabari. Compito arduo quello di interpretare Parise in modo corretto, senza correre cioè il rischio di fargli torto: troppe sono le sfaccettature della sua opera, troppe sono le apparenti incongruenze e le felici, felicissime combinazioni di suono e metro che hanno caratterizzato la sua opera. Dal Parise acqueo ed enigmatico de Il ragazzo morto e le comete al disincantato intellettuale di uno dei libri che più mi hanno segnato e che, probabilmente, mi hanno influenzato: L'odore del sangue. Parise indignato, Parise acuto osservatore, Parise raziocinante e pessimista, Parise solare e amante della vita, legato alla sua terra, il Veneto, anzi, il vicentino, ma anche aperto alle osservazioni sul mondo, in prima persona, come sempre: guerre in Biafra, Laos, Vietnam ma anche corrispondenze da New York. Guardando la sua opera si ha la chiara sensazione di una continua ricerca, di una disperata eppure lucidissima discesa nelle pieghe dell'umanità, fino al midollo umido delle cose, fino alle verità più scomode e spiacevoli ma nonostante ciò esiziali. Il suo è stato un corpo a corpo con la vita, o con quella nemesi che la vita gliela avrebbe portata via, in un lungo, doloroso, estenuante crepuscolo. Scrittore partito deciso con la produzione di romanzi, passò poi alla prosa giornalistica, salvo poi tornare alla narrativa pura con quel cupo gioiello di L'odore del sangue. Ci regalò anche un piccolo volume di poesie, composte durante gli ultimi giorni: forma esplicitata di quella sua vena strettamente poetica che l'aveva sempre nutrito senza mai palesarsi in forma compiuta o compiutamente riconoscibile. Sono immagini originali, curiose, testimonianza del suo ultimo anelito di vita e di arte, sorta di ultima Thule del suo percorso.
Per chiudere queste poche note, una piccola glossa. La migliore opera omnia dedicata all'autore vicentino è, ovviamente, nei Meridiani Mondadori, che raggruppano tutti i suoi lavori (compreso il raro testo teatrale L'assoluto naturale) con un'accurata bibliografia e un appassionato e prezioso commento di Andrea Zanzotto. Dai Meridiani restano esclusi I movimenti remoti, primissima prova dell'autore che si credeva andata perduta, edita da Fandango, L'odore del sangue e le poesie. Queste ultime siamo in pochi a possederle. Per approfondire la conoscenza umana e artistica dell'autore sono secondo me da leggere le pagine che gli dedica il suo grande amico Raffaele La Capria in Letteratura e salti mortali, oltre al bel libro di Silvio Perrella: Fino a Salgareda.
Nel mio Un uomo da abbattere, di imminente pubblicazione, la figura del reporter penso debba almeno l'impostazione caratteriale proprio a Parise, sia come scrittore che come persona. Non so se questo conti qualcosa, ma forse anche nel mio romanzo qualcosa di suo continua a vivere.
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