La possibilità di leggere rappresenta anche la libertà di farsi una cultura, ossia di sviluppare una coscienza che sia il più possibile critica. Passare al setaccio, mi viene da dire. Prima del talk, il ripasso, la concentrazione in privato. Si tende a confondere il libro con il romanzo, ed è strano che in Italia accada questo: paese legato tradizionalmente al componimento poetico più che a quello romanzesco. Ma il panorama letterario è profondamente mutato nel corso degli ultimi cinquant'anni, per cui il genere del romanzo in un primo momento si è addirittura venuto a confondere con quello libresco in genere, salvo poi retrocedere, lasciando spazio ad una produzione editoriale ibrida, e sostanzialmente di tenore divulgativo o dichiaratamente popolare. Modesta narrativa giovanile, saggistica risolvitutto, fai da te della politica. La sensazione spiacevole è che manchino maestri assoluti, giganti in grado di imporsi per lungo tempo: dei classici insomma. Non che non ce ne siano, ma insomma: la densità è parecchio calata. Le cause non le so onestamente. L'omologazione scolastica, forse. L'appiattimento culturale su un'unica prospettiva per lo più commerciale, immediata, votata a ragionamenti di quantità più che di qualità. Sono solo ipotesi, non ancora ipotesi di reato. Meno male che rimangono i classici di ieri, ma anche qui è antipatico fare i nostalgici. Diciamo allora che è bello sentirsi diversi, apprezzare la memoria da cui proveniamo e osservare con un certo, modesto distacco la moda passeggera come qualche cosa che ci riguarda solo fino ad un certo punto.
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