La Palma d'oro alla carriera a Bernardo Bertolucci non sorprende, ma del resto nemmeno può dirsi del tutto scontata: arriva in un momento delicato per l'artista, che dopo anni di silenzio è in procinto di tornare sul set con un nuovo progetto. Non male per uno che fino a un anno fa o poco più era sul punto di chiudere con il cinema a causa di seri problemi di salute, e di una schiena operata più volte. Il premio di Cannes arriva quasi come un augurio, o come un viatico, giusto riconoscimento ad una carriera irripetibile, credo una delle più complete e variegate dell'intero panorama internazionale; Bertolucci ha attraversato generi a stili come pochissimi altri: dal neorealismo pasoliniano de La commare secca, all'affresco storico di Novecento o de L'ultimo imperatore, fino ai drammi da camera di Ultimo tango a Parigi o di The dreamers. Un percorso frastagliato e difficile il suo, in cui non sono mancate le debacle e le digressioni - come alcuni documentari - ma in cui si avverte, anche ad una disamina superficiale, la costante tensione al nuovo e all'inesplorato. Il cinema di Bertolucci è una scatola magica del nostro tempo, un caleidoscopio in cui gran parte delle tensioni novecentesche hanno trovato la loro collocazione cinematografica e per così dire visiva: credo sia questo l'ingrediente che ne ha fatto fin da subito un classico. Personalmente, credo che insieme a David Lynch, Werner Herzog, Woody Allen e pochi altri sia il più importante regista vivente, di sicuro il primo degli italiani, di certo uno dei pochi nostri connazionali esportabili all'estero. Ma queste sono opinioni personali. Un dato di fatto invece è l'assoluta innovazione del suo discorso narrativo, osservabile anche sotto le spoglie di un'unica, potente metafora dove la voglia di vivere si confonde sempre nelle penombre della cupio dissolvi, nell'assurdo, nell'eccesso autodistruttivo. C'è materia poetica nei suoi film, ma c'è anche uno degli ultimi tentativi di tragedia moderna che l'arte in generale sia riuscita ad esprimere negli ultimi anni. Mi rendo conto del paragone imponente, ma non lo ritratto. E sono contento che nonostante tutto sia al lavoro: abbiamo ancora bisogno di lui.
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