Jim Morrison poeta


Ho riletto alla rinfusa un po' di scritti di Jim Morrison, ho riascoltato in ordine sparso le canzoni dei Doors, ho ripreso in mano un saggio breve che scrissi un paio d'anni fa su Morrison poeta, sintetica nota finita nel calderone del nulla in cui s'ammassa gran parte della roba che scrivo. Non ho cambiato idea su James Douglas Morrison: è un poeta, ne sono certo. Come si individua un poeta? Non ci sono metri tecnici, checché qualche scombinato docente strutturalista ne dica; non si tratta nemmeno di emozioni, come un altrettanto incauto docente 'neomelodico' potrebbe ribattere. C'è una chimica più strana e più intrigante, che ha a che vedere con gli umori più reconditi che ci portiamo addosso: umori qualche volta bassi, di scarto, che galleggiano nella palude del rimosso e del dimenticato. Morrison è stato un grande alchimista sotto questo profilo: è andato a scavare, è andato a recuperare questo materiale inconfessabile e ce lo ha scodellato sotto il nostro naso anestetizzato, ormai abituato alla medietà conforme e del tutto dimentico della natura di cui siamo fatti. Sì, fu un cantore del sesso, ma non si tratta solo di questo: Morrison aveva una sensibilità rabdomantica per le contraddizioni, un intuito se si vuole, una capacità interpretativa sconfinata e talvolta violenta, che alla fine gli giocò contro, in una partita mortale di cui tutti sappiamo l'esito. Si trovò ad essere una rockstar senza in pratica esserlo: lui così introverso, così ostile al rumore, ebbe la necessità di fare chiasso e di confondersi nel gran magma della contestazione per emergere, per diventare se stesso. Un gioco mortale, ancora una volta. Non si può pensare di continuare a sedurre la morte senza pagare dazio. Il patrimonio che ci ha lasciato è abbastanza esiguo: due raccolte ufficiali di poesie, The lords e The new creatures, più i testi delle canzoni più quello che penso sia il suo vero gioiello, la raccolta postuma Tempesta elettrica, da leggere nell'originale, stante una traduzione in italiano imbarazzante. Patrimonio esiguo, si diceva, ma tanto basta. Sbaglia chi prova a definirlo un beat: la sua ispirazione ha radici molto più lontane, che affondano nella memoria classica, nelle letture colte, nelle premesse simboliste. Nessun Allen Ginsberg ha mai fatto tanto. Jim Morrison non è stato solo un poeta, ma un poeta colto (le due cose non si accompagnano necessariamente), che il mito del Re lucertola ha solo inquinato, non permettendo più di scindere i campi e impedendo all'anima propriamente letteraria dell'autore di vedere la luce. Non scrivo citazioni, perché quelle mi ricordano gli odiati professori che mi accusavano di non metterne abbastanza. "Qualche citazione ad hoc", dicevano. Rispondevo: "Le ho solo d'oil". E rinuncio anche a pubblicare in questa sede quel breve saggio su Morrison (in cui gli stralci dei suoi testi invece ci sono, ma per una questione di rispetto filologico), visto che la sua brevità è comunque troppo estesa per le poche righe che mi concedo di scrivere qui. E Jim merita molto di più.

0 commenti: