Sto guardando i risultati di queste strane elezioni locali assurte a banco di prova politico; guardo e aspetto, senza agitarmi troppo. Così, a caldo, un dato mi colpisce: il crescente peso del Movimento a cinque stelle. Sono percentuali in netto aumento. Ora, io non ho niente contro i così detti grillini: hanno le loro idee, alcune giustissime, e di per sé il concetto di democrazia dal basso è vero e condivisibile. Ma la domanda che mi viene è un'altra: visto che rifiutano il confronto con le altre forze politiche, quale obiettivo si pongono davvero? Dietro la carica dinamitarda e manichea del loro leader, quale sostanza politica può celarsi? Una formazione che si autoproclami moralmente superiore alle altre e portatrice di verità assolute, lo dico senza reticenze, non mi piace. Se posso essere d'accordo su uno o su tanti punti di programma, mi risulta più ostico accettare l'assenza preventiva di confronto. Ora, la nota dolente è un'altra: le percentuali sensibili del Movimento da dove provengono? Così a naso direi dal centrosinistra e dal fronte degli astensionisti. Dal momento che non si intendono promuovere alleanze, va da sé che sono tutti voti regalati al centrodestra. Mi chiedo di questo passo le prospettive quali possano essere, e soprattutto mi domando quali siano le prospettive e le aspettative degli elettori del Movimento. A giudicare dalla vera e propria opera di sabotaggio attuata in Piemonte, si profila qualche problema di troppo in termini di spendibilità politica. Anche un buon progetto necessita di quella noiosa trafila chiamata dialogo e democrazia che qualche volta implica la sconfitta, e qualche volta comporta anche, guarda un po', di veder vincere proprio l'avversario che tanto ci sta sulle palle. Non sono problemi marginali per il centrosinistra: sono il termometro della delusione di una fetta sempre più consistente di elettorato, che tra divisioni interne e tanta aria fritta rischia di andare perduta. A meno che non si trovi un nuovo linguaggio, a meno che non si mettano in campo idee capaci di restituire credibilità ad una classe dirigente sfibrata da anni di immobilismo e nomenclatura.
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