Dopo un attimo di incredulità, sono stato costretto a prendere atto di questa sconcertante iniziativa del venerando Salone Internazionale del Libro di Torino, che con piglio cattedratico ha pensato bene di stilare una classifica di must letterari. Con questa divertente premessa:
"Sono i totem. I must, i testi fondativi su cui l’Italia si è formata e si è lacerata, ora si è unita ora si è divisa. I 15 SuperLibri non sono necessariamente capolavori di bello scrivere. Sono i libri che, al loro apparire, hanno però rappresentato un punto fermo, una svolta, un cambio di passo. Libri che hanno impresso un modo diverso di vedere le cose e hanno trasformato la rappresentazione del nostro Paese agli occhi di sé stesso e del mondo."
Molto italiano, niente da dire. La mania delle classifiche, la gioia di confronti assurdi e filologicamente scorretti, e l'imprimatur di qualche professorone che certifica il tutto e tanto ci basta. In un paese ricco di attestati ma povero di cultura è normale che ci si accontenti della parola di un detentore di cattedra. Le scelte sconcertanti sono molte. La prima è la più ovvia: pretendere di riassumere in una volgare classifica umori e correnti di un secolo e mezzo è comico prima ancora che allucinante. Poi, una volta assorbito il colpo, ci si può dilettare nella lettura della lista: spicca Don Camillo insieme a Montale e Moravia; Primo Levi insieme a Collodi, ma soprattutto risalta un nome, quello di Roberto Saviano. Sì, lui. Inserito a chiusura di lista con il suo Gomorra. Siamo oltre lo scandalo, siamo oltre il pubblico affronto, siamo nel territorio del comico involontario. Come lettore, come italiano, sono offeso: questa accozzaglia, in cui si sporcano nomi di altissima levatura accomunandoli a chiunque, è rappresentativa di un bel niente. E' un esercizio, sporco e pericoloso. E' come maneggiare una pistola carica scambiandola per un giocattolo. Per questo nobile consesso di cattedratici non esistono gli anni sessanta e settanta, cancellati. Landolfi, Manganelli, Morante non esistono. Campana, Marino Moretti, Gozzano sono allegramente rimossi. Il nome della rosa scalza i Sillabari di Parise. Da una congrega che, come da introduzione, si accredita di una qualche scientificità, non è accettabile sentirsi ripetere la solfa del gusto: ci vuole l'onere della prova. Di qualche stupida prova, perché a far scadere la letteratura italiana al rango di bagarre sono questi signori, non i lettori. C'è Roberto Saviano, che nemmeno penso sia uno scrittore. E non c'è Quasimodo, tanto per dirne uno. Bruciamo le classifiche. Leggiamo, leggiamo e basta e al diavolo tutto il resto.
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