La vicenda rubricata sotto il nome inquietante di "Madoff dei Parioli" ha l'effetto di costringere l'osservatore a schiacciarsi su una prospettiva decisamente bassa, e un po' miserabile. I nomi dei vip coinvolti nella vicenda (da vittime, naturalmente) rendono il piatto un po' più speziato, ma non cambiano la sostanza della questione. Questi artisti, calciatori, imprenditori e via dicendo, hanno investito decine di migliaia, centinaia di migliaia, milioni di euro in un meccanismo rivelatosi poi truffaldino che prometteva profitti da capogiro a fronte di operazioni finanziarie non molto ben definite. Insomma, il solito schema di Ponzi. Ora, da ultima ruota del carro, mi chiedo: ma se uno ha già milioni di euro da parte, perché dovrebbe arrischiarsi in arzigogoli finanziari che sanno di marcio lontano un miglio? Il sospetto che l'avidità nuda e cruda c'entri, e parecchio, è alquanto consistente. Non si tratta di andare a fare i conti in tasca al prossimo: ognuno faccia dei suoi soldi ciò che vuole. Ma non avvertire una certa distonia tra il cantautore virato eskimo, per esempio, e una milionata abbondante data in pasto da quest'ultimo ad un uomo dei sogni che prometteva l'Eldorado, mi pare abbastanza difficile. Lo stesso si potrebbe dire per il fustigatore dei costumi fustigato o per il politico integerrimo. Non so che cosa mi infastidisca di più di questa faccenda: non so se sia il misterioso doppio che affiora alle spalle di chi si vendeva per duro e puro; se il milione (milione, sei zeri) che sporge dalle tasche dell'eskimo; se sia la noncuranza con cui una persona che si suppone sia preparata dia tanto denaro in opere dichiaratamente speculative. Non lo so, ma tutto questo mi deprime abbastanza. Nella mia ingenuità, ho sempre pensato che gli investimenti benedetti fossero quelli che producono qualcosa, che dessero il giusto in un tempo medio lungo. E se devo essere del tutto onesto, la paciosa difesa d'ufficio che Serra offre al suo amico Riondino (basta ammettere di essere dei grulli per farci fare una risata e chi s'è visto s'è visto) non mi convince più di tanto. Anzi, più che sorridere mi fa arrossire.
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