Ed è così che con l'ennesima giravolta, sua maestà il Premier è riuscito, con il consueto sprezzo della decenza, a capovolgere la frittata e a confessare in mondovisione il delitto: sì, il referendum lo abbiamo tolto di mezzo perché poteva dirci male; voi italiani siete una massa di coglioni, vi sottoporremo di nuovo il quesito tra un paio d'anni, giusto il tempo di massacrarvi il cervello a mezzo Mediaset e di indurvi, come sempre, a fare quello che voglio. Tra un deretano e una tetta, tra un set di pentole e un quiz. E intanto, già che ci siamo, eliminiamo anche l'impaccio sul legittimo impedimento e sull'acqua pubblica, che così dormiamo tutti più sereni. La performance di ieri è stata sconcertante, rivelatrice come poche altre; dentro, c'era tutto: concezione padronale dello Stato, spregio della democrazia, uso delle masse popolari a proprio uso e consumo. Quando appellarsi alla santità del voto torna a proprio vantaggio ben venga, in caso contrario lasciamo perdere. Parla di energia nucleare come il futuro del mondo, e mi domando con crescente apprensione se questo anziano signore sappia fino in fondo di che parla; e soprattutto fino a che punto abbia il diritto di mettere il cappello su un futuro che, per ovvie ragioni anagrafiche, non gli appartiene. Gli affari sono affari per carità, ma fino ad un certo punto. In quelle parole ottuse, superficiali, spese con poca padronanza lessicale e scarsissima adesione alla realtà, c'è un'irrespirabile aria di miseria. L'assuefazione al peggio è ormai ad uno stato parecchio avanzato, qualsiasi tentativo di trovare una spiegazione logica si imbatte, fatalmente, in un discorso di convenienze personali, di piccoli tornaconti da difendere. E' su questo sottobosco di paura e disprezzo per la cultura che si è venuto a erigere questo Moloch bestiale e fatiscente da cui ora dipendiamo. Nel nucleare come in tutte le altre questioni della vita pubblica: sotto il tacco di una mentalità a malapena in grado di organizzare il palinsesto scadente di una tv via cavo.
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