Interessante articolo di Ilvo Diamanti su Repubblica (link) in cui si analizza il panorama dell'informazione in Italia. Ne esce il ritratto di un paese che poco alla volta sta acquisendo una certa consapevolezza, è vero, ma ciò che emerge con prepotenza a mio avviso è come questo tentativo risulti parecchio faticoso, come se ci fosse un tappo che impedisce il salto di qualità. Il tappo ha un nome: conflitto di interessi. Il conformismo delle idee parte da un dato di fatto inoppugnabile: troppa televisione si plasma sulle idee e sugli interessi di un uomo solo. Detta così sembra la scoperta dell'acqua calda, e in effetti lo è, ma nondimeno una larga, larghissima fetta percentuale di cittadini ritiene ancora affidabili quei telegiornali e quell'informazione che più o meno direttamente ricreano una realtà "di Stato", per non usare altre espressioni più crude. C'è voglia di opinione pubblica come dimostra l'interesse crescente per trasmissioni più indipendenti come Report o come il Tg de La Sette, ma si tratta ancora di cifre minime, che servono sì a controbilanciare un poco lo straripante conformismo, ma che non bastano a far scoccare un'inversione di tendenza, ossia una richiesta generalizzata di qualità e di vero giornalismo. Subissati dalla cronaca nera, ingolfati dal gossip, la maggior parte degli italiani si accontenta, si distrae, in molti casi difendendo la propria posizione. Solo una minoranza cerca una via diversa, e sarebbe troppo comodo, troppo ecumenico sostenere che si tratti di una minoranza senza colore politico: un colore c'è, e non è quello della destra berlusconiana, arroccata su posizioni che variano dall'opportunismo più bieco al conservatorismo un tanto al chilo (leggi: sono conservatore quando serve a me). Ma è una lotta impari a quanto sembra. Nella stasi generale della teleutenza, qualche traccia di vitalità non basta a dichiarare fuori dal coma una società pesantemente arretrata, tradizionalista nel peggio, sempre pronta ad accusare la classe politica di tutti i suoi mali ma senza il coraggio di guardarsi allo specchio. E quello specchio, purtroppo, è l'immagine banale e sconfortante della televisione.
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