E così la Lega ruzzola malamente a valle, in un crescendo rocambolesco di pasticci e cialtronerie. E con il crollo, l'armamentario dozzinale su cui ha fondato la propria sedicente e romanzesca dominazione fa ancora di più sorridere: corna, elmi, mistiche ascendenze celtiche, la Padania che non esiste, i ministeri fantasma a Monza, i fiaschi finanziari, il folklore di certi personaggi, le riforme mai fatte... Uno scenario fiabesco che negli anni ha assunto, incredibilmente, i contorni di una proposta politica; una bevuta con gli amici degenerata in un partito politico, un pomeriggio di scazzo assurto a dottrina. Ma i grandi miraggi sono grandi proprio perché fanno molto rumore, così come i veri illusi sono quelli che alla fine ci credono davvero: e così la Lega ha mischiato buonafede e malafede con disarmante disinvoltura, arrivando al collasso senza più capirci niente lei stessa. Ma quel paio di idee tutto sommato condivisibili dei primordi - un equo federalismo, la tutela del territorio - sono state corrose da un'arroganza sconfinata, una presunzione senza limiti e un pressapochismo da lasciare senza fiato. Con il risultato di tradire la natura stessa del territorio del nord: che non è xenofobo, non è avido, non distrugge la propria terra depredandola e deturpandola. E' ora che il Nord trovi un'altra voce: senza padri e fondatori, senza famiglie, senza rozzezza venduta per schiettezza; una voce inclusiva e non razzista, una voce che non abbia paura e che non mascheri la paura sotto le spoglie dell'aggressività indiscriminata. Perché la realtà è complessa, e penso che per affrontarla servano ragionamenti lineari, ma articolati. Per troppo tempo la "questione Nord" è stata banalizzata fino al ridicolo da un gruppo di personaggi senza alcun pudore. E un Nord italiano ed europeo non merita questo trattamento.
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