Eppure il sistema vacilla. Nonostante il vasto e diffuso senso di impunità che trapela dalle intercettazioni, si avverte che qualcosa sta cambiando. Non siamo ai livelli di Tangentopoli: siamo ben oltre, siamo a pochi metri dal collasso. Nonostante i sempre più smaccati tentativi di insabbiare, minimizzare, edulcorare, il sistema sta mostrando la corda con uno scandalo al giorno, rivelando un intrico perverso di affari, politica, soldi pubblici, puttane. Incredibile come ogni tardo impero, dall'Impero d'Occidente alla Francia prerivoluzionaria, si palesi quasi sempre attraverso gli stessi sintomi di decomposizione, di sfilacciamento sociale e di inadeguatezza della classe dirigente. La reazione, poi, è sempre la stessa: negare, deviare, pilotare l'informazione e l'intrattenimento. Ma la misura, presto o tardi, sarà colma, e non tanto o non solo per l'indignazione popolare (considerato anche il livello di disinformazione e di disincantato cinismo di molti italiani) ma per la monumentale e sfacciata protervia con cui gli illeciti vengono perpetrati, l'arrogante sicumera con cui il bene pubblico viene spartito, fagocitato da un ristretto novero di amici e parenti. Prova ne è il tenore di certe intercettazioni, in cui il sentimento di impunità arriva a livelli quasi comici. E dire che gli italiani avrebbero anche sopportato, come del resto hanno quasi sempre fatto, un livello di sfacciataggine contenuto, delle ruberie di basso profilo, in cambio perlomeno della sensazione di averne qualche briciola. Mai dire mai comunque; certo che viene da chiedersi che altro debba accadere perché questa nomenclatura, e il Mister che più di tutti la incarna, si tolga dalle scatole senza gravare oltre sulla pazienza e sulle casse di un'intera nazione. In un suo bell'articolo su Repubblica, Curzio Maltese centra secondo me il nodo nevralgico della questione: qualcosa deve succedere perché è semplicemente impossibile immaginarsi un futuro con Mister B ancora in sella insieme alla sua corte dei miracoli. Umanamente impossibile.
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