Non so se il flop dell'ennesimo cinepanettone sia il segno dei tempi che cambiano o qualche altra frase storica subito evocata dalla nostra stampa. Magari, che so, potrebbe anche essere che la gente si è bell'e stufata di andare a vedere sempre lo stesso film per quasi trent'anni, e quando dico lo stesso, dico proprio lo stesso identico: stessa trama, stesse battutacce, stessa volgarità. Per completare il quadretto, l'allegra compagnia è pure tornata sul luogo del delitto, quella Cortina d'Ampezzo simbolo di ricchezze passate e di una plutocrazia sepolta da almeno un quarto di secolo, quella così bene delineata dal fu Guido Nicheli, con la sua superba (quella sì) caratterizzazione del milanese bauscia. Si arriva sempre al punto di rottura, ad un livello di saturazione in cui la bella figliola annoia, la battuta non diverte, la gag è nota.
La ragione tutto sommato non è nemmeno difficile da trovare: la cronaca italiana affoga letteralmente nel pecoreccio. I programmi televisivi del pomeriggio traboccano di tresche, gossip, corna, personaggi equivoci, feste, festini, e dunque? Perché andare a pagare il biglietto? Se per "segno dei tempi che cambiano" si intende l'assuefazione delle persone ad un ritornello trito e ritrito, allora può essere. Anzi, il canovaccio natalizio è addirittura deludente rispetto a certe trame di palazzo a base di ragazzine, precipitose fughe in Sudamerica, faccendieri e fanfaroni.
E' solo un'ipotesi però. Il dato certo è che repetita iuvant, sed etiam taedent, annoiano. Se poi un film all'ennesimo capitolo della saga non trova niente di meglio che fare il verso a se stesso, allora siamo al cospetto di qualcosa che non c'entra più nulla con la deprecabile volgarità, ma con una forma di arroganza un po' supponente. Che difatti è stata punita.
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