Qui a Selva Val Gardena, dove mi trovo ora, c’è un’edicola/libreria/bazar a cui sono legato in modo particolare. Quando ero bambino qui mi rifornivo di fumetti, non che fossi un grande appassionato (Tex Willer, Topolino, qualche raro numero di Dylan Dog e Nik Raider sparpagliati nell’arco dell’anno) ma in questa edicola c’erano scaffali e scaffali traboccanti di copertine colorate, pubblicazioni speciali, almanacchi e quant’altro. Più le sconosciute copertine tedesche, supereroi dai nomi strani, personaggi sconosciuti nel resto d’Italia, eroi dal linguaggio diverso ma dai modi consueti che non era difficile prendere in simpatia. Insomma, anche per uno non particolarmente interessato era difficile sottrarsi al fascino delle nuvole parlanti. Sono passati un po’ di anni. Quindici, venti. Lo spazio dedicato al fumetto si è progressivamente ridotto fino ad oggi: quando sono entrato per prendere il giornale, stamani, mi sono accorto che la mitica jungla di copertine era ridotta ormai ad una striminzita riserva indiana: una misera mensola su cui erano accatastati alla rinfusa vecchi albi di Alan Ford e Diabolic. Al posto di tutte le pubblicazioni di un tempo ora si trovano libri di cucina regionale, cartine, percorsi enogastronomici. Nel giro di un arco di tempo relativamente breve il fumetto è morto. Lo avevo già notato un po’, ma è solo stamattina che ne ho preso coscienza in modo definitivo, osservando l’assenza fisica di ciò che è stato il passatempo principe per eccellenza di generazioni. La mia compresa. Può sembrare un episodio marginale, ma secondo me non lo è. Siamo di fronte ad un sintomo, di che cosa non lo so ancora di preciso. Di sicuro si è consumato, nel corso degli ultimi dieci, quindici anni, un passaggio più o meno radicale, e in definitiva si è varcato un punto di non ritorno. Il filo sottile – emotivo, sociale e in ultimo culturale – che teneva unite le generazioni precedenti, se non altro nella forma indefinita e precaria dell’infanzia, si è liso un altro poco. Niente di drammatico, niente di epocale. Ma nonostante la mia età ancora giovane e il fatto di non essere un particolare cultore della materia, mi sento un po’ più solo. I motivi sono tanti. Il primo che mi viene in mente è che la tradizione fumettistica italiana e in senso lato europea mi sembra più genuina e sana dei manga di importazione, che, non lo nascondo, mi sono sempre suonati sospetti, distanti da me e dal mio mondo. Meglio una cavalcata nella prateria con Tex.
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