Chiamiamolo grande sonno. O Pausa di riflessione, o come ci pare. La temperie politica italiana cade nel letargo agostano, che poi è il letargo di tutta una vita, o per meglio dire l’anestesia programmatica che avvolge e ammansisce l’opinione pubblica in attesa del prossimo scandalo, del prossimo colpo di teatro. Ci dimentichiamo tutto, e nel giro di pochi giorni. Vabbé che una volta la carta di giornale serviva per avvolgere l’insalata, ma ora siamo molto oltre. Dove viviamo? Chissà. I famosi media si guardano bene dal dircelo. La realtà è sempre quella, ma senza il pungolo di qualche polemica non c’è quasi gusto a parlarne. Il declino economico del paese è allo stadio avanzato, il nostro impresentabile premier sempre al suo posto. Ha vinto lui. Lo sapeva, che sarebbe andata a finire così: in nulla. Per i processi c’è sempre tempo, per le magagne varie ed eventuali, stesso discorso. La vita va avanti, tra un salotto televisivo a basso costo e le ferie che incombono. Tra parentesi: ma come mai tutti piangono miseria e i suv e gli smartphone dilagano nei garage e nelle tasche della gioventù italiana? Vallo a sapere. Ma dicevo: è solo questione di tempo e si tornerà a parlare di qualche intrallazzo di potere e di qualche gioco sporco, ma per poco. Ci siamo assuefatti a questo tira e molla, e il sospetto è che nulla possa smuovere l’opinione pubblica quel tanto che basta per svoltare, una buona volta. Solo un paio di mesi fa sembravamo sul punto di fare la rivoluzione: elezioni amministrative e referendum, l’accoppiata che avrebbe mandato al tappeto anche un elefante. E invece no. Siamo qui, ad agosto. Più poveri di prima ma anche più indifesi di prima. Di chi è la colpa? Ci guardiamo in faccia. Sarà mia? Sarà tua? Il premier intanto è sempre là, bello (si fa per dire) come il sole, la sua corte dei miracoli, idem. Anche noi siamo sempre qui, in qualche modo.
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