Ci siamo ormai abituati a considerare normale, se non addirittura giusto e "necessario", che le riforme degli stati e i risanamenti delle economie debbano passare per forza di cose attraverso lo smantellamento dello stato sociale e la svendita del pubblico al privato. Con i governi, oltretutto, commissariati proprio da quelle banche che in ampia misura hanno causato l'affondamento dell'economia occidentale, prima comprando quote consistenti dei debiti sovrani, e poi pretendendone la restituzione. Il minimo che possa capitare è che la società civile si ribelli. Come in Grecia, appunto. Dove il problema si presenta in maniera duplice: da un lato lo scadimento della qualità della vita (sempre e solo a spese del pubblico) e dall'altro il progressivo deprezzamento della democrazia, che in tempi di crisi viene evocata a corrente alternata, sempre a difesa dei garantiti. Come in Italia del resto, dove ci viene democraticamente ricordato che siamo sottomessi alle sacre Istituzioni, salvo poi dimenticarsi che le suddette Istituzioni andrebbero elette dal popolo, cosa che non è accaduta. Ecco, questa democrazia a doppio binario è l'elemento nuovo che emerge dalle nebbie di questa nuova (!) fase politica: una democrazia che alla faccia del suo etimo gioca a favore dei potenti e puntualmente dice male a chi, forte di un solo voto, si vede privato anche di quello. E per che cosa? Per vedere ciò che è suo (il pubblico) ceduto pezzo per pezzo a qualcun altro (il privato) che ha in mente, come è logico che sia, di trarne profitto. E per sentirsi ripetere, in saldo, le solite favole sulla concorrenza che migliora il servizio ai cittadini. Come se tanti anni di fallimenti non avessero insegnato nulla.
0 commenti:
Posta un commento