Mi tolgo subito il pensiero: domenica andrò a votare e segnerò quattro bei sì. Sulla vertenza nucleare si sono già espressi in ventimila e non ho nulla da aggiungere alle stranote e sacrosante motivazioni di chi non ne vuole sapere delle centrali; idem per il legittimo impedimento, mostruosità giuridica fatta ad uso e consumo di uno solo. Per l'acqua la situazione è un po' diversa, mi sembra quasi che non se ne sia parlato molto, nonostante l'argomento scotti, e non poco. Si parla di privatizzazione, di che cosa? In pratica della distribuzione dell'acqua. La gente distratta ha generalmente una risposta pronta: privatizzare è un bene perché in questo modo si eliminano gli sprechi e i prezzi diminuiscono. Ma chi l'ha detto? Privatizzando qualcosa, intanto, te ne privi, non è più tua, è di qualcun altro. Chi privatizzerebbe i propri organi interni? Sì, te li tieni tu, ma intanto sono di un altro. Di un privato, che può farne ciò che vuole. I prezzi? Ma quando mai una qualche privatizzazione in Italia è servita a diminuire qualcosa? Di solito l'italiano medio procede da un'equazione molto semplice: pubblico = spreco, attingendo, per pura pigrizia, ad un luogo comune particolarmente frequentato, e dimenticando soprattutto che il "pubblico" siamo noi tutti, noi comunità, noi Stato. In Lombardia la rete idrica è pienamente efficiente, e gli sprechi, con 11 litri perduti ogni 100, è ai livelli della Germania, ciò significa che una buona gestione pubblica delle cose è possibile, conveniente, sicura. Sicura, perché è di tutti. E' quasi insopportabile l'individualismo che aleggia nei discorsi dei più, per il quale, secondo un ragionamento tipicamente italiano, la colpa è sempre di qualcun altro, e la soluzione, il miracolo, sta sempre e comunque nelle mani di un terzo, al quale demandare affinché provveda in vece nostra. Un ragionamento che è l'anticamera del disastro, specie se applicato ad un bene unico e insostituibile come l'acqua, che non per niente comincia ad essere chiamata, con la consueta cantilena giornalistica, "oro blu". Oro, perché c'è possibilità di speculazione, e un privato, da che mondo è mondo, crea business al fine di lucrare, mentre una buona gestione pubblica mira a rispettare il bilancio e ad offrire un servizio di qualità. Possiamo anche decidere di appaltare l'acqua ad un imprenditore, ma dove saremo tra vent'anni? Quali derive avrà assunto il fenomeno? Forse è ora di darsi una svegliata, di prendere coscienza che quel "pubblico", quel "popolo", quella "gente" siamo noi. Artefici del nostro destino, e va bene, ma artefici soprattutto di una nazione che non merita di essere svenduta.
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