E' superfluo commentare il fine commento di Antonio Cassano sui gay, elegantemente definiti "froci". Ma a me non interessa tanto l'aspetto esteriore della vicenda, quanto il modo in cui una frase così trova la sua legittimazione nel dibattito pubblico. In un'epoca in cui la sincerità è esaltata come l'antidoto al perbenismo e all'ipocrisia, il "frocio" detto a mente libera da un calciatore della nazionale non dovrebbe stupire, né tantomeno scandalizzare. Sincero, è sincero. Quanto alla verità, al buon gusto, alla decenza o anche alla semplice educazione, chissà, non è dato sapere. Forse possono rispondere i teorici della sincerità come sinonimo di verità, anche se gli indizi che suggeriscono invece un'antinomia tra i due termini non mancano: primo fra tutti l'assenza del medium intellettivo tra la prima cosa che passa per la testa e la sua esternazione. O, in subordine, tra un pregiudizio sedimentato dall'infanzia e alimentato dall'ignoranza e la sua spensierata verbalizzazione. Il fatto poi che Cassano non si renda conto che dare del "frocio" a qualcuno non è un complimento né tantomeno una manifestazione del libero pensiero, ma un semplice insulto, è un'altra faccenda, che qualcuno potrebbe e dovrebbe spiegargli. Un buon punto di partenza potrebbe essere proprio il campo di Auschwitz, dove gli Azzurri sono andati in meditazione pochi giorni fa con giornalisti al seguito e dove hanno trovato la morte anche parecchie persone omosessuali, dato storico che forse a Cassano è sfuggito e che comunque basterebbe a trarre la disarmante conclusione che il pellegrinaggio in quel luogo di dolore non è servito a niente. Ma ha parlato la sincerità, e forse nella sincerità di Cassano si annida una cattiva coscienza che va ben oltre la volgarità di un ragazzo troppo incolto e troppo ricco: è la cattiva coscienza di una società intera, l'indifferenza abulica che permette ai mostri astratti di diventare reali, il luogo comune che non smette di agire per il peggio. E' la stessa cattiva coscienza che sotto forma della Federazione censura la sincerità di Cassano, imponendo l'ipocrita, tardiva smentita.
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